Respinta l'adesione del Kosovo nell'Unesco
La Conferenza Generale dell’Unesco ha respinto la richiesta di adesione del Kosovo nella lista dei patrimoni storici e culturali di questa agenzia delle Nazioni Unite. Non ha ottenuto la necessaria maggioranza dei due terzi tra i 142 rappresentanti presenti. A favore del Kosovo hanno votato 92 Paesi, mentre i contrari sono stati 50, e gli astenuti 29.
Nella votazione decisiva del 9 novembre, preceduta dalla richiesta della Serbia, poi respinta a maggioranza, di rimandare il voto, si erano espressi a sostegno del Kosovo tra gli altri, Paesi come Francia, Gran Bretagna, Germania, Austria, Belgio, Slovenia, Croazia, Macedonia e Montenegro; mentre tra i contrari, oltre al blocco BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), c’erano Argentina, Cuba, Messico e tutti quei Paesi UE che tuttora non riconoscono il Kosovo a causa di simili dispute e contese territoriali, ovvero Spagna, Romania, Grecia, Slovacchia e Cipro.
La lista dei patrimoni dell’umanità per quei siti che rappresentano delle particolarità di eccezionale importanza culturale o naturale non presenterà dunque una voce indipendente per il Kosovo. I siti del Monastero di Dečani, del Monastero di Gračanica, del Patriarcato di Peć e di Nostra Signora di Ljeviš, continueranno a rientrare tra i patrimoni dell’umanità della Serbia, nella sotto categoria «Monumenti medievali in Kosovo».
Oltre alle rivendicazioni di carattere spirituale e materiale da parte dello Stato serbo e della Chiesa ortodossa serba su tali monumenti, il presidente della Repubblica serba Tomislav Nikolić, ha fatto notare come non sia giusto «che l’Unesco accetti un membro che minaccia e distrugge il patrimonio culturale altrui», - aggiungendo: «Immaginate se i beni culturalmente più importanti del vostro Paese finissero in mano a chi non ha partecipato alla loro creazione e ha più volte cercato di distruggerli». Per motivare il suo «no» all’adesione del Kosovo, Nikolić ha elencato gli attacchi subiti dal patrimonio culturale serbo nel Paese dopo la fine del conflitto. «Dal 1999, 236 tra chiese, monasteri e monumenti di proprietà della Chiesa ortodossa serba sono stati attaccati in Kosovo. Circa 174 simboli religiosi e 33 monumenti storico-culturali sono stati distrutti e oltre 10 mila icone rubate. Nei cimiteri serbi, 5261 lapidi sono state distrutte o danneggiate. Non esiste più un monumento della storia serba sopravvissuto a sud dell’Ibar (il fiume che attraversa la città divisa di Mitrovica, ndr)». Tutto questo, sostiene il capo di Stato, ha uno scopo preciso: cancellare la secolare presenza serba in Kosovo, «falsificando la storia per creare un nuovo Stato».
Secondo i dati forniti dalla Presidenza della Repubblica, l’80 percento dei beni culturali serbi in Kosovo e Metohija sono di proprietà della Chiesa ortodossa e «non possono finire nelle mani di altri Paesi o gruppi etnici». Inoltre il Presidente serbo ha sottolineato che la presenza dell’Unesco non è sinonimo di garanzia per la salvaguardia di quei beni, poiché già nei primi anni dopo la fine della guerra del Kosovo, quando l’organizzazione ha prodotto tre relazioni sui danni al patrimonio artistico del Kosovo, non sono mai stati presi in considerazione i monumenti serbi, ma solo quelli islamici, albanesi o dell’ex Impero Ottomano. «Ora si volevano compensare i colpevoli dello sterminio in Kosovo e Metohija?».
Conferenza generale dell'Unesco. Ai lati: reperti del «Tesoro di Novocherkassk». Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo