Sotto un cielo stellato... editoriale di Fernanda Santobuono
Credo che in pochi hanno ormai idea di cosa sia la bellezza di un cielo stellato. Uno spettacolo davvero imponente, che ha ispirato astronomi, poeti e artisti di generazioni passate con le immagini della Via Lattea, «l’Amor che move il sole e l’altre stelle» (Dante Alighieri).
L'osservazione della Via Lattea fa comprendere l'enorme potere dell'Universo e l'insignificanza del genere umano, provocando stupore e ispirando a compiere prodezze. Ma non ai nostri contemporanei che vivono nelle grandi città. Sempre più, le nuove generazioni crescono senza poter vedere la forza prorompente della nostra galassia, alleata e custode della nostra vita, a causa dell'inquinamento luminoso. E se la vedono durante le rare «incursioni» fuori città, non si rendono conto di cosa si tratta.
L'Italia è il Paese del G20 che ha il più alto livello di inquinamento luminoso, non consentendo al 77% della popolazione di ammirare lo straordinario spettacolo della Via Lattea: «Cieco chi guarda il cielo senza comprenderlo: è un viaggiatore che attraversa il mondo senza vederlo; è un sordo in mezzo ad un concerto» (C. Flammarion, Le stelle e le curiosità del cielo).
Un quarto della popolazione italiana vive sotto cieli «abbaglianti», talmente inondati di luce artificiale da non permettere agli occhi di attivare la modalità della visione notturna.
Su scala globale, lo smog luminoso nasconde la Via Lattea ad un terzo dell'umanità. Questo problema diventerà sempre più rilevante con l’avvento della tecnologia led che, a parità di luce prodotta, potrà aumentare l'inquinamento luminoso di un fattore tre nella parte blu dello spettro visibile.
Se pensiamo che la storia cosmica della nostra Via Lattea potrebbe essere riscritta a causa della possibile collisione con la vicina galassia Andromeda, allora quello che sta accadendo oggi è solo un'anticipazione di quello che potrebbe accadere in un futuro lontano.
La verità è che abbiamo rivolto lo sguardo altrove, uno sguardo frettoloso e superficiale che si lascia abbagliare dalla luce artificiale di falsi profeti e trascura la forza potente della luce celeste, come ben descrive il poeta russo Aleksandr Puškin nei suoi versi dedicati all'Italia: «Chi conosce la terra dove il cielo d’indicibile azzurro si colora?
Dove tranquillo il mar con l’onda sfiora rovine del passato? Dove l’alloro eterno ed il cipresso
crescon superbi?».
Non così accade ai confini orientali del continente eurasiatico, dove peraltro non esiste un confine universalmente riconosciuto tra Europa ed Asia... ma un'Alleanza atlantica che aumenta sempre più la sua presenza militare con il falso pretesto dell'inesistente «minaccia russa».
Qui, nel 75° anniversario dell'inizio della Grande Guerra Patriottica, nel cielo di Grodno, ai confini terrestri tra la Polonia e la Bielorussia, dove i nazisti massacrarono l'intera popolazione ebraica, il cielo continua a parlare del suo immenso amore per il genere umano.
Qui, ad est, la maestosità della Via Lattea è visibile nel cielo stellato della Crimea, dei prati ghiacciati della Russia, delle cime montuose del Caucaso... Così a Sudak, l'antica città di Surozh, sulla costa nord-orientale della Crimea, il cui nome in turco significa «foresta sul mare», e in lingua iranica, Suxta-ka, la città «sacra», «pulita», «senza colpa», «santa», la porta tra Oriente ed Occidente lungo l'antica «Via della seta». In lingua ebraica Sudak significa «mi inchino davanti a Dio», come nel libro del profeta Daniele (3, 5), che giustifica la tesi secondo la quale la città sia stata fondata dagli ebrei caraiti e non dagli ebrei rabbinici.
Sudak si trova vicino a Feodosia, antica colonia genovese, dove saranno posizionati i sistemi missilistici russi F-440 contro la Nato.
Fu arcivescovo di questa città «sacra» nell'VIII secolo, santo Stefano il Confessore, della Cappadocia, che testimoniò la fede ortodossa durante la controversia iconoclasta. Sempre a Sudak è conservato un documento che attesta che durante la campagna di Crimea nel IX secolo il santo principe Vladimir, il battista della Rus', influenzato dai miracoli che avvenivano nella cripta dove era sepolto il santo, e dalla bellezza del culto orientale, decise di accettare per sé e per il suo popolo il battesimo, introducendo così la fede ortodossa nella Rus' di Kiev.
Santo Stefano è anche il patrono della diocesi di Surozh in Gran Bretagna e Irlanda, fondata dal Sacro Sinodo della Chiesa ortodossa russa nell'ottobre del 1962 e posta dal 2010 sotto l'autorità diretta di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus' Kirill. Nel 2012 è
stato celebrato il 50° anniversario della sua fondazione con un documentario sulla sua storia dal titolo «Surozh. Senza più confini». Nel presiedere le celebrazioni, il metropolita Hilarion di Volokolamsk ha sottolineato che le radici della Chiesa ortodossa nel Regno Unito risalgono all'eroismo dei santi dei primi secoli del cristianesimo, mentre l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, nel suo messaggio letto dal segretario per le relazioni intercristiane Jonathan Gudell, ha ricordato che come ai tempi del primo vescovo di Surozh, «la diocesi gioca un ruolo estremamente importante nella vita religiosa di questo Paese, e ciò è dovuto non solo al clero, che è ispirato dall’esempio del suo vescovo... ma anche a tutti coloro che nella diocesi di Surozh hanno conosciuto la fede cristiana e ortodossa e poi hanno condiviso questo tesoro con gli altri credenti e con tutta la società britannica». Il messaggio evidenzia che «pur nelle mutate condizioni di vita, la diocesi di Surozh ha accolto migliaia di persone giunte nel nostro Paese e, come una volta, contribuisce alla testimonianza cristiana nel Regno Unito».
Parole quanto mai attuali se si pensa ai risultati della commissione d'inchiesta di John Chilkot sulla partecipazione britannica nella campagna militare in Iraq (2003-2009) dell'allora governo Blair, dietro il falso pretesto del possesso di armi di distruzione di massa delle autorità irachene, peraltro mai trovate. Una guerra che ha portato alla caduta di Saddam Hussein e alla morte di oltre seicentomila civili. Ora, quel che resta di questa guerra è un Paese che non si è più rialzato dalle sue rovine, dove ha messo casa un fondamentalismo islamico che si è diffuso in Medio Oriente e in Nord Africa, prendendo di mira il popolo cristiano, costretto a fuggire o a soccombere.
E se l'Italia è il Paese del G20 con il più alto livello di inquinamento luminoso, la città cinese di Hangzhou, che ospiterà il vertice del G20 il 4 e 5 settembre 2016 sul tema «Costruzione di un'economia globale innovativa, sana, coerente e inclusiva», vanta un passato di tutto rispetto: ha più di duemila anni di storia, anche se tracce di presenza umana risalgono a quattromila anni fa, è stata capitale dello Stato di Wu Yue (907-978 d.C), delle Cinque dinastie e poi della dinastia dei Song meridionali (1127-1279), cioè è stata capitale per ben 237 anni. Insieme con la vicina città di Suzhou viene chiamata in Cina «paradiso terrestre». Qui giunse nel 13° secolo l'esploratore italiano Marco Polo, dopo aver fatto sosta nella città «santa» di Sudak nel suo percorso lungo l'antica «Via della Seta», descrivendo i bei paesaggi e la prosperità di questa città, tanto che vi rimase come governatore.
Da oltre duemila anni in questa zona si produce la seta e il tè cinesi. Ed è proprio sulla via che da Hangzhou porta a Pechino, che la Cina oggi sta ripristinando le antiche rotte commerciali tra Europa ed Asia non con il rumore delle armi ma con la «Cintura economica della Via della Seta», allo scopo di unire l'economia asiatico-pacifica e quella europea attraverso l'Asia centrale. In questa direzione va lo sviluppo delle infrastrutture tra Russia e Cina, compresa la ferrovia ad alta velocità Mosca-Kazan'.
Ciò che di più prezioso ha la città di Hangzhou non è solo la vicinanza alla città di Shanghai, che la rende una delle città più industrializzate e all'avanguardia del mondo, ma anche la sua posizione sul Lago dell'Ovest. L'area è considerata un prototipo di bellezza paesaggistica ed è citato in innumerevoli testi poetici cinesi perché la leggenda vuole che questo lago sia stato generato nell'antichità dalla caduta di una perla della Via Lattea.
Quest'anno il cielo ha regalato all'umanità lo spettacolo di due comete, «madre e figlia», che hanno salutato la primavera a poche ore dall'equinozio, il più precoce degli ultimi 120 anni. La cometa 252P/Linear è stata osservata dall'emisfero australe, mentre dall'emisfero settentrionale è stata ammirata la cometa P/2016 BA14, con il suo terzo passaggio più ravvicinato alla Terra dopo quelli del 1770 e del 1366.
Anche la città di Kolomna, una delle più antiche (1177) e più belle città della regione di Mosca, centro industriale e scientifico d'eccellenza, presenta nel suo stemma due stelle a sei punte ai lati di una colonna sormontata da una corona d'oro in un campo azzurro, su una verde collina. Secondo le cronache, da questa città, contro la quale ora sono state applicate le sanzioni dagli Usa per l'intervento militare della Russia in Siria in difesa del popolo siriano e della cristianità, nel mese di agosto del 1380 le truppe russe marciarono contro l'Orda d'Oro.
I due principi Dmitrij Donskoj e Dmitrij Bobrok-Volynets fecero voto che se avessero vinto la battaglia di Kulikovo, avrebbero costruito a Kolomna un monastero. La battaglia ebbe luogo nel giorno della festa della Natività della Madre di Dio, il 21 settembre. Molte persone rimasero uccise in questa battaglia. Un anno dopo, con la benedizione di san Sergio di Radonež, fu fondato il monastero di Bobrenev in onore della Madre di Dio. Da allora e fino ad oggi in queste sante mura vengono elevate preghiere per il riposo dei «capi e dei soldati uccisi sul campo di Kulikovo». La sua storia è indissolubilmente legata alla storia dello Stato russo e all'icona della Madre di Dio di San Teodoro, dinanzi alla quale pregò il principe Mikhail Romanov nel 1613, quando fu eletto zar di tutte le Russie e primo sovrano della dinastia dei Romanov.
Come per l'intervento militare in Siria, dove in questa terra di comete e... di conflitti otto militari russi sono morti durante il loro servizio alla Patria, anche la battaglia di Kulikovo ha un significato universale nella prospettiva della difesa della cristianità ortodossa, ponendo le basi dell'Impero russo e della «santa Russia» e del successivo spostamento del baricentro slavo orientale da Costantinopoli a Mosca. Questa cristianità è stata all'origine della dinastia dei Romanov e ha formato la memoria storica russa, trasformando la morte di Nicola II in una testimonianza di fede ortodossa. Come sarà celebrata nel 2018, nel centenario del martirio.
Fernanda Santobuono
Icona della Madre di Dio di San Teodoro (XVIII sec.)