Testimoni della bellezza divina. In un mondo che rinuncia al cristianesimo

La fede ortodossa ha sempre mantenuto come esempi di fede le storie e gli insegnamenti dei padri del deserto. La ricerca dell’ascetismo in condizioni estreme quali il deserto li ha condotti in modo estremo alla ricerca della preghiera continua. Non solo. Oltre a questa ricerca ascetica si cercava un altro aspetto nella vita di preghiera quotidiana. Ciò che si ricercava era la bellezza, la bellezza della preghiera e dell’amore nei confronti di Dio e della sua parola. Furono esempi di vite incredibili e affascinanti. Svariati monaci durante anni di preghiere e di vita ascetica in molti casi anche eremitica hanno avuto la grazia di avere come dono quello della chiaroveggenza. È un dono particolare, che di solito si è manifestato nei monaci, è un dono molto ricercato. Un monaco chiaroveggente è una figura che viene amata e a cui chiedere consigli sapendo già in partenza che ci verrà riferito qualcosa di importante su di noi e qualcosa che a nostra volta ci porterà la facoltà di riflettere su quanto udito. Tutte queste figure storiche hanno una caratteristica che le accomuna, il fatto di aver vissuto sempre in modo umile e distante dalla mondanità e soprattutto dalle passioni terrene. Insomma veniva espresso in modo vivente l’insegnamento evangelico: «Voi siete nel mondo ma non siete del mondo» (Gv 17, 14).
In questo periodo di incertezza sotto tanti aspetti si moltiplicano le scuole di interpretazioni oniriche e scuole spiritualistiche. Non si vuol parlare più di cristianesimo, né tantomeno insegnare ancora il vangelo di Cristo. Nonostante ciò facciamo tesoro dell’insegnamento di santa Matrona, molto venerata in tutta la Chiesa ortodossa russa e anche in tutto il mondo ortodosso, la cui memoria ricorre il 2 maggio.
Secondo il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus' Kirill, «per capire perché il Signore ha dato tanta grazia a Matrona, bisogna pensare a ciò che Egli stesso, il Signore Gesù Cristo, ha compiuto. Egli ha redento i nostri peccati, è diventato il nostro Salvatore, ma per questo ha dovuto attraversare la sofferenza più dura, subire le offese e la terribile crocifissione».
E qui, secondo il Primate della Chiesa ortodossa russa, «sorge spontanea una domanda che è stata posta da molti pensatori e scrittori, la stessa che è stata al centro dell'attenzione del nostro grande scrittore Fyodor Mikhailovich Dostoevskij: che cos’è la sofferenza umana? Di solito percepiamo la sofferenza come una specie di incubo, qualcosa che dovrebbe essere evitato o che bisogna dimenticare immediatamente. Ma dopo tutto, una persona credente, che attraversa la sofferenza senza perdere la fede in Dio, diventa davvero diversa. Se nella nostra vita non ci fossero una serie di dolori, allora probabilmente non ci sarebbe nemmeno la salvezza dell’anima, perché la sofferenza forma la coscienza, tempra la volontà, rafforza la fede».
Basti pensare a santa Matrona di Mosca. Non era solo cieca, ma del tutto priva di occhi: eppure, fin dall’infanzia ha iniziato a rivelare un'impressionante «vista spirituale», predicendo eventi, narrando avvenimenti lontani, e rivelando episodi tenuti segreti. Dall’età di 7/8 anni ha iniziato a guarire i malati, mentre lei all’età di 17 anni ha perso l’uso delle gambe, rimanendo paralizzata per il resto della vita.
«Ma per far brillare una stella del genere era necessario passare attraverso una speciale tribolazione e una speciale esperienza di vita, che era stata aperta davanti a lei, che non aveva mai visto il mondo intorno a sé: la visione di un mondo diverso. Matrona conosceva davvero, vedeva davvero quel mondo con i suoi occhi non vedenti, e si può immaginare quale potere fosse la sua preghiera, perché non aveva fede, ma conoscenza - la conoscenza della presenza divina nella vita umana. E Dio voglia che il suo esempio ci aiuti a trasformare il dolore in forza spirituale e gioia interiore - la gioia del contatto con il mondo superiore», sostiene Sua Santità il Patriarca Kirill.
Del resto, anche i nuovi martiri e confessori della Chiesa ortodossa russa, il cui sacrificio ha superato tutte le altre sofferenze che i cristiani hanno accettato nella storia, «hanno dato la vita per difendere la fede in Cristo e la Chiesa: i nostri primi eminenti gerarchi, i nostri vescovi, sacerdoti e laici non hanno avuto paura della sofferenza o del martirio, ma hanno conservato per noi e per la generazione successiva il tesoro inestimabile dell'Ortodossia. Ed è difficile dire cosa sarebbe successo all’Ortodossia universale se fosse stata distrutta in Russia, ma per grazia di Dio questo non è accaduto».
Proprio in virtù della sua speciale esperienza spirituale, della presenza divina nella sua vita, Matrona non ha mai mostrato bramosia di questo potere divino. Perché sapeva che proveniva da Dio e che pertanto richiedeva una grande responsabilità proprio dinanzi a Dio.
«Quando parliamo di bramosia del potere, - ricorda il Patriarca - non ci riferiamo solo a coloro che hanno il potere politico, statale, giudiziario, militare o ecclesiastico. Parliamo anche delle persone in generale, perché la società umana è composta da molti gruppi, a cominciare dalla famiglia, e in effetti anche nella famiglia può svilupparsi questa bramosia del potere. Il potere non è peccaminoso in sé, ma la bramosia del potere, il godimento di esso è un grave peccato davanti a Dio e porta sempre dolore. Pertanto, l'adempimento di ogni responsabilità deve essere associato con la più profonda umiltà e la comprensione che Dio è la fonte del potere sulle persone. Ogni governante che conserva la fede nel suo cuore deve ricordare la sua dipendenza da Dio, e il ricordo della connessione spirituale con il cielo rafforza l'autorità dei governanti terreni».

Icona Icona di santa Matrona di Mosca (1881-1952)