Il sacco di Costantinopoli. Nella Settimana Santa dell'anno 1204

La Quarta Crociata ebbe un effetto devastante sulla Chiesa ortodossa e sull’impero d’oriente e aprì la strada della sua definitiva capitolazione sotto i turchi.
Innocenzo III convocò la Quarta Crociata cercando di approfittare della morte di Saladino (1193) per affondare un colpo decisivo alla nazione islamica. Alla spedizione, diretta verso Oriente e verso i paesi baltici, parteciparono i feudatari francesi, italiani e tedeschi. I crociati, che non avevano denaro sufficiente per pagare il viaggio, decisero di partire da Venezia per servirsi della sua flotta e accolsero la proposta di prestare aiuto ai veneziani per la conquista di Zara (Croazia), che apparteneva al re d’Ungheria. Indignato dall’evolversi della situazione, Innocenzo III scomunicò i crociati. Intanto a Zara era giunto il figlio dell’imperatore di Costantinopoli per annunciare che suo padre era stato cacciato dal fratello e che se l’avessero aiutato a ritornare sul trono avrebbero ottenuto grandi somme, costituito un esercito per combattere contro l'islam, assegnato 500 cavalieri come guardia perenne della Terra Santa, e offerto la sottomissione della Chiesa d'Oriente. Innocenzo III, appresa la notizia, si affrettò a benedire l’intervento che poco prima aveva condannato. Venuto il momento di pagare, l’imperatore di Costantinopoli non riuscì a raccogliere il denaro. I crociati si infuriarono, e usarono questa come un’altra scusa per attaccare la città. Entro le mura, la maggior parte della popolazione, era cristiana ortodossa. Al di fuori delle mura gli uomini portavano croci sui mantelli e si dichiaravano cristiani. Era la Settimana Santa dell’anno 1204. I crociati attaccarono. Costantinopoli cadde dopo tre giorni. Una volta entrati nelle mura, i crociati diedero inizio a un’orgia di strage, bestialità e vandalismo quale non si era vista in Europa fin dalle invasioni barbariche di sette secoli prima. Nessuno fu risparmiato, vescovo, prete, monaca, uomo, donna o bambino. Fu appiccato il fuoco in tutte le parti della città. Ebbe quindi inizio un saccheggio e una profanazione senza paragoni nella storia. Un’orda si riversò in Santa Sofia. Sotto all’immagine del Pantocratore, essi fecero a pezzi l’altare per prenderne l’oro, spaccarono le icone, gettarono i Santi Doni sul pavimento, presero i vasi sacri per estrarne i gioielli, e strapparono mosaici e arazzi dai muri. Cavalli e muli furono portati nella chiesa per trasportare vasi sacri, oro, argento e quanto altro si poté raccogliere. Una prostituta fu messa per derisione sul trono del patriarca. Questo schema di razzia e dissacrazione fu ripetuto in chiese, monasteri e palazzi di tutta la città. Le tombe degli imperatori furono scoperchiate, e tutte le statue e i monumenti classici che erano sopravvissuti dall’antica Grecia e dalla Roma imperiale furono distrutti. Ciò che non fu portato via fu bruciato, spaccato, fuso per ricavarne metalli preziosi e spogliato da gemme e gioielli.
Dopo il massacro, e dopo che la città fu sottomessa, ebbe inizio una lenta e metodica rimozione di tesori dai templi ortodossi nelle cattedrali, chiese, monasteri. Alcuni di questi oggetti erano stati venerati, custoditi e protetti per secoli, altri per un millennio. Ora erano portati via da oltre centocinquanta chiese: altari, iconostasi, tabernacoli, antimensi, icone, croci, pettorali e d’altare, catene d’oro e d’argento, medaglioni, mitre, pastorali, calici e patene, asterischi e lancette, evangeliari, epistolari, coppe e piatti, incensieri, lampade votive, reliquie, candelabri, epitaffi, ventagli, reliquiari, paramenti, stendardi, manoscritti, miniature, avori, incisioni, mosaici, troni, arazzi e mobilio. Le grandi quantità d’oro e argento da Santa Sofia finirono nel tesoro vaticano.
Le ricchezze erano così tante che il saccheggio durò per sessanta anni. Un secolo prima, dopo la Prima Crociata, Gerusalemme, Antiochia ed Edessa erano state spogliate allo stesso modo. Ora questo capitava alla città imperiale. Ebbe inizio un vergognoso commercio di reliquie. Il capo di San Giovanni Battista fu portato ad Amiens (Francia). La città italiana di Amalfi prese la testa di Sant’Andrea, assieme a una serie di pesanti portali di bronzo. Il vescovo di Soissons (Francia) spedì a casa il capo di Santo Stefano e una reliquia di San Giovanni. I resti di San Clemente, razziati dalla Chiesa di Santa Teodosia, furono portati a Cluny. Halbstadt (Germania) pretese le reliquie di San Giacomo. La Vera Croce fu divisa tra i baroni, una parte fu inviata al papa, e un pezzetto portato a Parigi. Un reliquiario di valore inestimabile in oro smaltato incastonato di gioielli, contenente un frammento del Legno, andò a finire in un convento a Steuben. Re Luigi IX di Francia pagò 10.000 monete d’argento per la “vera” Corona di Spine e per custodirla costruì la Sainte Chapelle a Parigi.
Fu perduto il velo della Theotokos, così come la sua cintura e la sua icona miracolosa. Perdute, o distrutte, le reliquie dei Santi Luca e Timoteo; nessuna traccia delle reliquie di San Giovanni Crisostomo, scomparvero anche le reliquie di San Paolo.
I Veneziani si mostrarono i più attenti. Dal monastero del Pantocratore si appropriarono di un gruppo di squisiti cammei smaltati e incastonati di gemme, e di un’ampia collezione di medaglioni episcopali, per decorare la Pala D’Oro, un elaborato schermo bizantino in oro, ingioiellato, che è stato usato nella Cattedrale di Venezia per ricoprire le reliquie di San Marco. Si presero anche l’Icona Nicopeia della Theotokos, così come una reliquia di Santo Stefano. Il tabernacolo d’oro della Chiesa dei Santi Apostoli, una replica della chiesa stessa, fu aggiunto al loro bottino. L’orgoglio di Venezia sono i quattro magnifici cavalli di bronzo placcati d’oro, risalenti ai tempi di Costantino, depredati dall’ippodromo. Oggi si trovano in cima alla galleria della basilica di Venezia.
Il tesoro di San Marco contiene la più accurata collezione d’artigianato bizantino nel mondo, e comprende 32 calici bizantini, oltre a varie reliquie, reliquiari, parti di altari, Vangeli, gioielli, paramenti, manoscritti e vasi sacri. La collezione include il sarcofago Veroli, il più bel pezzo al mondo d’avorio bizantino intagliato, e il Salterio dell’Imperatore Basilio.
A Venezia arrivarono navi cariche di mosaici, pannelli, pietre scolpite, pilastri, manoscritti preziosi, pietre rare e parti d’edifici che hanno contribuito a creare il tessuto della città che oggi è Venezia.
Papa Innocenzo fu molto turbato quando seppe del sacco di Costantinopoli. Accusò e punì duramente i responsabili, e ne scomunicò la maggior parte. Il papa non era informato che, prima dell’attacco, il suo rappresentante aveva assolto i crociati dai loro voti originari. In seguito, quando gli fu presentata la possibilità di avere una chiesa unificata nelle proprie mani, Innocenzo si adattò, accettando ciò che si era compiuto.
Sul trono dell’ex impero d’oriente fu messo Baldovino di Fiandra e un prelato veneziano rimpiazzò il patriarca. I vescovi ortodossi furono deposti e sostituiti da prelati romani. Fu fatta pressione sul clero ortodosso perché si sottomettesse al papato, ma senza risultato. Non vi fu nessuna unione delle due chiese.


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