La Bellezza salverà il mondo. Editoriale di Fernanda Santobuono

Nella nostra epoca, la lotta per purificare la mente (nous) e lo sforzo per assicurare il proprio corretto orientamento passano inosservati. Questo è associato con l’impazienza umana di vedere e ammirare immediatamente i risultati delle proprie azioni, cosa alla quale l’uomo è stato assuefatto dalle macchine che lo servono e che influiscono potentemente sulla sua vita. Ma le macchine hanno bisogno delle menti purificate perché possano funzionare appropriatamente e non ribellarsi contro l’uomo.
Ogni cattiveria presente nel mondo ha origine nella mente. La mente, inoltre, costituisce l’aspetto più alto dell’esistenza.
La creazione di Dio dell’uomo “a sua immagine” è impressa prima e anzitutto nella mente, che però non riesce a definire con esattezza il suo Dio, anche se sa riconoscere le sue svariate manifestazioni. Cristo, il nuovo Adamo, abita nell’uomo con la preghiera e i Sacramenti della Chiesa. Questo non significa che Cristo trasforma l’uomo automaticamente, o in qualche modo meccanico. L’uomo continua a mantenere la sua natura ma Cristo apre il percorso di rinnovamento e offre la sua grazia all’uomo perché segua questo percorso liberamente. “Proprio come uno specchio - dice san Gregorio Palamas - quando riceve un raggio di sole, crea il proprio raggio, così anche la mente dell’uomo, quando riceve la luce di Cristo, diviene essa stessa luce e irradia questa luce”, con il risveglio della coscienza nella pienezza dell’Essere.
La preghiera così può divenire uno stato dell’essere e indicare lo stato di coscienza più elevato, la vetta della consapevolezza umana, la fusione della vita dell’individuo con la vita cosmica, l’unione col tutto.
Si giunge al divino mediante l’intuizione e in una certa misura tutti possediamo la facoltà intuitiva, che ci permette di assaporare il lato mistico della vita scisso dal lato ordinario della stessa. E’ necessario cogliere la scintilla divina, che si cela dietro ogni singola particella del creato. Noi tutti infatti siamo degli eoni partecipanti di quella bellezza cosmica, frutto di una creazione superiore. Per questo, con Dostoevskij possiamo affermare che la Bellezza salverà il mondo...
Bellezza che, in altri termini, non può che essere di derivazione platonica, visto l’indiscutibile platonismo della cultura ortodossa, di cui Dostoevskij fu uno dei massimi esponenti.
Uno dei testi fondativi del misticismo russo, la Filocalia vuol dire proprio amore per la Bellezza. Sia Platone che Dostoevskij non credevano in questo mondo, preda della bruttezza, bensì non smisero mai di credere nell’oltremondo della Bellezza - intesa come fuoriuscita da un mondo inferiore. Entrambi corroborarono, dunque, la profezia sulla Bellezza salvatrice.
Sfortunatamente molte persone al di fuori della Chiesa, come pure molte all’interno di essa, credono che lo scopo della vita sia un perfezionamento morale, divenire “brava gente”. Secondo il Vangelo, la Tradizione della Chiesa e i santi Padri, questo non è lo scopo della nostra vita. L’uomo non deve solo divenire migliore, più morale, più giusto, più casto e diligente. Queste qualità devono essere assunte, ma non sono lo scopo più importante, lo scopo finale per il quale il nostro Fattore e Creatore ci ha fatto vivere è la deificazione, ossia l’unione dell’uomo con Dio, non un’unione esterna o sentimentale ma intima e vera, che ha il suo culmine quando riusciamo a concepire dentro di noi Dio l’Assoluto. “… Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Per questo noi veneriamo così profondamente la Madre di Dio, perché ci ricorda che la deificazione si raggiunge attraverso l’incarnazione del Figlio di Dio.
Il suo culto, insieme a quello delle sue reliquie e delle icone, risale ai primi secoli del cristianesimo, quando a Costantinopoli, la capitale dell’Impero d’Oriente, la Madre di Dio era venerata come patrona e protettrice, prima ancora del Concilio di Efeso del 431, che proclamò solennemente la sua maternità divina. Allo stesso modo, il Monte Athos con i suoi venti monasteri, custodisce gelosamente il culto della Panaghia come sua “terra natale”.
Nel XVII secolo, il Patriarca Nikon della Chiesa ortodossa russa (1652-1658) pagò con la vita la sua fedeltà alla Chiesa di Costantinopoli quando decise di dar luogo alle riforme ecclesiali volte a uniformare le formule liturgiche e i testi di teologia, richieste dal Patriarca di Costantinopoli Paisios. Riforme già iniziate dal suo predecessore il Patriarca Iosif, sulla base anche di serie motivazioni di natura politica. Le richieste giunte da Costantinopoli vennero sostenute dal Patriarca e dallo zar Alessio I.
Queste motivazioni riguardavano l’aspirazione degli zar russi ad essere considerati protettori e portavoci di tutto il mondo ortodosso nonché a passare per legittimi successori dell’Impero Bizantino, caduto sotto i colpi dei crociati e delle milizie dell’Islam, in quanto sovrani dell’unico regno ortodosso del mondo.
Le discrepanze rituali tra la chiesa russa e quella greca erano dunque in evidente contrasto con tale visione e ostacolavano le relazioni con gli ortodossi non russi.
Le riforme erano necessarie anche per ragioni di politica interna. Nel 1654 infatti la Russia riuscì a stabilire il proprio controllo politico sull’Ucraina orientale, compresa la città di Kiev, e a conquistare Smolensk, fino allo scioglimento della Confederazione polacco-lituana nel 1795. Poiché la pratica liturgica ucraina era rimasta fedele a quella greca, di cui era erede insieme alla Rus’, la necessità delle riforme divenne impellente. L’Ucraina di fatto era parte integrante della Rus’ di Kiev, come dimostra la storia dell’Icona della Madre di Dio di Vladimir, che da Costantinopoli fu portata a Kiev e da qui a Vladimir e poi a Mosca, segnando così per sempre la storia della Rus’ di Kiev.
La veste d’oro che ricopre l’Icona greca della Madre di Dio di Vladimir fu commissionata dal Patriarca Nikon nel 1658 all’orafo Peter Ivanov, come atto di devozione e di ringraziamento per la salvezza e la prosperità della Rus’. Il Patriarca arricchì i numerosi e bellissimi monasteri da lui creati con grandi biblioteche, che riempì con antichi manoscritti greci e slavi, rinvenuti dai suoi emissari nella Moscovia e in Oriente. Fondò nel 1656 il Monastero di Nuova Gerusalemme ad Istra, non lontano da Mosca. E dinanzi a questa Icona depose il suo pastorale quando rinunciò volontariamente al trono patriarcale al sopraggiungere delle incomprensioni con lo zar Alessio I.
Oggi nella Russia i rapporti tra il potere secolare e quello spirituale sono pressoché ottimali. Tali rapporti poggiano sul fondamento del vicendevole rispetto, del riconoscimento dei peculiari interessi e delle rispettive sfere di responsabilità. Non solo nella Federazione russa, ma anche in Bielorussia, Ucraina, Moldavia e negli altri paesi dell’Unione degli Stati Indipendenti e del Baltico, la Chiesa è separata dallo Stato; questo tuttavia non sottintende un rifiuto a collaborare con esso nell’interesse del popolo, che per la stragrande maggioranza è unito all’Ortodossia.
Anche in campo ecclesiale, tra le Chiese ortodosse locali nel mondo c’è una maggiore unità di intenti, dopo il 1020° anniversario del Battesimo della Rus’ di Kiev nel 2008, e questa unità può aiutare la Chiesa ortodossa serba a salvare la fede in Kosovo.
Lo stesso Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill, in occasione della sua elezione al soglio patriarcale il 28 gennaio 2009, disse che una delle priorità del suo ministero era il raggiungimento dell’unità dell’Ortodossia. La Chiesa è sempre fedele alla sua vocazione profetica, educatrice e salvifica.
Intanto, dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, Sua Beatitudine il Patriarca Bartolomeo I ha assicurato nel suo discorso tenuto il 21 ottobre 2011, in occasione del 20° anniversario della sua elezione al soglio patriarcale, che continuerà il suo ministero “senza sosta per versare al mattino, durante il giorno, la sera e a mezzanotte l’olio nella lampada dell’Ortodossia”.
La sacra reliquia della Cintura della Madre di Dio, che la Vergine diede all’apostolo Tommaso nel giorno della sua ascensione, mantiene questa unione tra le Chiese ortodosse locali nel mondo.
La preziosa reliquia fu donata dal Principe serbo Lazzaro al monastero di Vatopedi del Monte Athos, dove da circa 700 anni è custodita con lo stesso amore con cui la Madre di Dio compose i fili della Cintura.
Per la prima volta nella storia dell’Ortodossia, il 20 ottobre 2011, col sorgere del sole e al termine della Divina Liturgia la preziosa reliquia è stata portata in Russia, dove rimarrà fino al 23 novembre 2011, all’indomani della festa della Presentazione di Maria al Tempio.
Centoventi monaci e innumerevoli pellegrini hanno accompagnato l’arca contenente la reliquia al molo del Monastero, dove è stata consegnata al rettore dell’Accademia Teologica di San Pietroburgo, il vescovo Ambrogio di Gatchina.

Icona Icona greca della Madre di Dio di Vladimir


Fernanda Fernanda Santobuono


La La sacra Cintura lascia il Monte Athos