La missione unificatrice della Chiesa di Costantinopoli

A causa delle avverse condizioni sociali e politiche – crociate, incursioni turche, faide interne per la successione tra Paleologi e Cantacuzeni, ambizioni indipendentiste degli imperi bulgaro e serbo, contrasti con l’Europa cattolica – l’impero bizantino risultava, a metà del XIV secolo, estremamente indebolito. Ne uscì rafforzata la Chiesa, che accrebbe autorità, prestigio, potere politico e diplomatico, a discapito dell’impero, di cui assunse il ruolo unificatore. Quasi tutte le relazioni diplomatiche con le popolazioni slave, e specialmente con la Russia, erano in mano al Patriarca e ai suoi metropoliti e vescovi.
La politica espressa dalla Chiesa di Costantinopoli, in linea con la fede esicasta del Patriarca che la presiedeva, Filoteo Kokkinos, esprimeva il desiderio di un mondo pan-ortodosso, unificato dall’unica vera fede e agente in concordia col governo di Costantinopoli, considerato come il capo di varie membra, appartenenti ad un unico corpo.
La presenza di serie resistenze da parte di serbi e bulgari, che dopo aver ottenuta l’indipendenza politica ambivano anche all’indipendenza religiosa e alla formazione di Chiese autocefale, fece spostare sempre più l’attenzione del Patriarcato di Costantinopoli verso la Russia e soprattutto verso il crescente potere del gran principato di Mosca, all’interno di quello che Obolenskij ha chiamato “Commonwealth bizantino” .
Nei documenti ufficiali il sovrano moscovita viene designato col titolo di “fratello secondogenito dell’imperatore”, i russi vengono definiti romei al pari dei bizantini, in quanto accomunati dalla stessa fede, viene favorita la politica unificatrice del gran principato di Mosca attraverso l’opera dei suoi metropoliti, Pietro e Teognoste prima, Alessio e Cipriano poi.
La politica pro-moscovita di Costantinopoli risulta particolarmente chiara nella vicenda del metropolita Cipriano.
Nel 1376, a causa delle tendenze accentratrici di Mosca e della Lituania, quest’ultima aspirante ad avere anch’essa un proprio metropolita, Cipriano venne inviato dal Patriarca in Russia con il titolo di “metropolita di Kiev e della Lituania”, quand’era ancora in vita Alessio, “metropolita di Kiev e di tutta la Russia”.
Questa mossa, che apparentemente fomentava il separatismo lituano, celava uno scopo tattico: a Cipriano, infatti, bulgaro di nascita e candidato gradito per la Lituania, erano state date istruzioni precise di ricondurre a completa unità la metropoli russa e di rispettare al suo interno il primato di Mosca su tutta la Russia, specialmente dopo la battaglia di Kulikovo del 1380.
Un altro esempio interessante di questo tipo di azione politico-culturale unificatrice da parte del Patriarcato di Costantinopoli si può notare nell’episodio della Vita di Sergij riguardante l’ambasciata del Patriarca Filoteo presso il Monastero della Trinità di San Sergio, abate di Radonez, taumaturgo di tutta la Russia, per consigliare alla comunità l’introduzione della regola studita.
L’episodio è storicamente controverso; secondo Prochorov i fatti si sarebbero svolti come segue: nel 1354 il metropolita russo Alessio, legato da stima e amicizia, sia a San Sergio che al Patriarca Filoteo Kokkinos, si era recato a Costantinopoli in occasione della propria investitura a metropolita; nella circostanza aveva informato Filoteo della nuova fondazione realizzata da Sergio. Il Patriarca, interessato a diffondere la cultura bizantina su tutti i territori ortodossi, inviò dunque un’ambasciata presso il santo con a capo il diacono Gregorio Perdikes, con in dono una croce, abiti monastici e una lettera, in cui si parlava della necessità, per la comunità da lui fondata, di passare a un sistema di vita cenobitico.
Al Monastero di San Sergio è conservata una croce, tradizionalmente identificata con quella donata a Sergio dal Patriarca; in essa, assieme alle reliquie di santi bizantini, sono incastonate quelle di tre martiri lituani, i cui nomi (Evdokija, Elefterie e Feodosia) sono incisi sulla croce. Accomunare martiri bizantini e lituani in un dono diretto alla Grande Russia, aveva lo scopo di far sì che i grandi russi non rimanessero indifferenti a ciò che stava avvenendo nella Piccola Russia e a Bizanzio.
Così, la croce mandata dal Patriarca a Sergio appare una sorta di politica programmatica di unità della Chiesa russa e, in generale, della Chiesa ortodossa “universale”, che il patriarca Filoteo conduceva e a cui chiamava gli stessi russi.
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