È dunque questione di fede! editoriale di Fernanda Santobuono

Che l’Europa stia attraversando una crisi economica senza precedenti è ormai evidente e chiaro a tutti. La Russia fornirà assistenza all’Unione Europea, come ha dichiarato il presidente Medvedev nel corso della conferenza-stampa a Bruxelles, al termine del vertice Russia-Ue il 15 dicembre 2011. Il presidente russo ha detto che la Russia è interessata a che l’Unione Europea rimanga una grande forza politica ed economica. Per questo, “provvederemo ad adempiere a tutti i nostri impegni assunti presso il Fondo Monetario Internazionale e siamo disposti ad investire i mezzi necessari per il sostegno dell’economia europea e dell’eurozona”.
Ciò che invece non si comprende è la situazione politica, economica e religiosa in cui si trova da decenni la martoriata provincia del Kosovo, la culla dell’ortodossia serba. Forse che le cause di tanto dolore siano da ricercate proprio in questa direzione, dove al riemergere della cristianofobia in diverse parti del mondo, e anche in Kosovo, si associa un lento e progressivo rinascere di una nuova forma di iconoclastia, più subdola, di natura sociale e culturale. “... Se durante il periodo dell’iconoclastia dei secoli VIII e IX, la Chiesa ha combattuto per l’icona, per il dogma dell’Incarnazione che essa rappresenta, oggi l’icona del nostro tempo combatte per la Chiesa, per lo scopo dell’Incarnazione”. Infatti, “... l’icona combatte per l’Ortodossia, per la verità, per la bellezza… lei si batte per l’anima umana, oggi profondamente sfigurata, la sua salvezza è lo scopo e la ragion d’essere della Chiesa”. Pertanto,
“... l’icona lotta per l’uomo moderno che si trova di fronte a due realtà, l’antropocentrismo laico, l’umanesimo
non religioso, e l’antropocentrismo religioso.
L’incontro fra queste due realtà è lo scopo dell’icona” (L. Ouspenskij).
Non si può certo dimenticare il ruolo svolto dalla Serbia nel difendere il destino dell’arte iconografica dopo il saccheggio di Costantinopoli durante la Quarta Crociata, che annientò le opere più antiche dei pittori delle icone. Le preziose immagini sante, il cui culto il Secondo Concilio di Nicea nel 787 aveva confermato come forma di “venerazione dell’ipostasi di colui che vi è inscritto”, furono perse o distrutte, in una proporzione tale che le principali testimonianze che consentono di studiare la storia della pittura delle icone bizantine sono le opere trasportate in Russia, nel Sinai, in Georgia o in Occidente.
Già nell’XI secolo l’icona bizantina era stata accolta soprattutto negli ambienti cittadini dei paesi balcanici. È così che la Cattedrale di Skopje, nella Repubblica di Macedonia, deve il suo nome all’Icona miracolosa della Vergine “Delle Tre Mani”, la cui storia è legata alla vita di San Giovanni Damasceno, strenuo difensore dell’Ortodossia e del culto delle icone, le cui tesi prevalsero al Concilio di Nicea.
E fu proprio da Nicea, rifugio degli imperatori in esilio, che Costantinopoli ricevette nel XIII secolo l’ultimo impulso necessario all’evoluzione della sua arte; e quest’arte monumentale, di un’ampiezza e di una chiarezza epiche, sin dalla metà del XIII secolo servì da modello ai giovani popoli balcanici.
Nei primi decenni del XIII secolo, la Serbia, divenuta regno, era stata dotata di una Chiesa ortodossa autocefala. La giovane dinastia dei Nemanjić si era riaccostata definitivamente alla civiltà di Costantinopoli. San Sava, da poco consacrato arcivescovo, radicò irremovibilmente il rito ortodosso. Egli fondò con suo padre il Monastero di Chilandari sul Monte Athos e invitò gli artisti di Costantinopoli a recarsi in Serbia. Indicò il modo con cui le icone dovevano essere venerate: con la loro contemplazione, egli affermava, “l’occhio dello spirito si eleva fino al modello originale che esse rappresentano”. E mentre esprime la sua devozione al culto delle icone, san Sava condanna “tutti coloro che rifiutano di venerare le icone e non vogliono né dipingerle né prosternarsi davanti ad esse”.
Quest’arte nuova cominciò dunque a fiorire nello stato dei Nemanjic durante i primi anni del XIII secolo e si sviluppò con perfetta continuità nel quadro generale dell’arte bizantina sino alla caduta di Smederevo (1459), l’allora capitale della Serbia, e continuò a sussistere sotto i Turchi sino alla fine del XVII secolo.
È in questo periodo che il Monastero di Chilandari donò una copia della miracolosa Icona della Vergine “Delle Tre Mani” al Monastero della Resurrezione di Nuova Gerusalemme, fondato nel 1656 dal Patriarca Nikon ad Istra, alle porte di Mosca, agli albori della dinastia dei Romanov. È uno dei monumenti più importanti e interessanti della cultura spirituale ed artistica russa: nacque dall’idea di riprodurre una vera copia della Terra Santa di Palestina, come icona della Palestina cristiana, come l’archetipo della Terra Santa.
L’Icona andò perduta nel 1917, durante la Rivoluzione bolscevica, ed oggi, dopo 350 anni, è tornata “più bella che mai” nel Monastero di Nuova Gerusalemme. Ella rappresenta la continuità storica del ruolo svolto dall’icona nella comprensione dogmatica ed educatrice dell’Incarnazione, ed invita a seguire questa Verità fondamentale.
Tale continuità la ritroviamo nell’Icona miracolosa della Madre di Dio di San Teodoro (Fëdorovskaja), dinanzi alla quale il primo zar della dinastia dei Romanov, Mikhail Fëdorovich, fu incoronato il 14 marzo 1613 a Kostroma, nel monastero Ipat’ev, fondato da un tartaro convertito.
La Madre di Dio di San Teodoro difese la città di Kostroma dall’invasione dei tartari ed ebbe un ruolo importante nella scelta dello zar. La città fu fondata dal principe Jurij Dolgorukij, figura chiave nella transizione del potere da Kiev a Vladimir, molto devoto dell’Icona della Madre di Dio di Vladimir e fedele al suo messaggio.
L’avvento della dinastia dei Romanov segnò definitivamente la fine del periodo più brutto della storia della Russia, oltre quello della Rivoluzione bolscevica, il cosiddetto Periodo dei Torpidi, e l’inizio del periodo di unificazione della Rus’ storica.
Il 1 febbraio 2009, dinanzi all’Icona della Madre di Dio di San Teodoro, portata da Kostroma a Mosca, nella Cattedrale di Cristo Salvatore, si è svolta la cerimonia di Intronizzazione del Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill. Il 1 febbraio 2012 ricorre il terzo anniversario.
Oggi, l’unità spirituale della Grande Russia è mantenuta dalla Chiesa ortodossa russa, così come i legami fraterni con la Chiesa ortodossa serba e con il popolo serbo.
Uno dei principali temi della cooperazione con la Chiesa serba è proprio il destino della popolazione ortodossa del Kosovo. A tal proposito, il vice presidente del Dipartimento per le Relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, arciprete Nikolaj Balashov, in occasione della cerimonia di consegna dell’Icona della Madre di Dio “Delle Tre mani” al Monastero di Nuova Gerusalemme il 10 dicembre 2011, ha detto: “La Chiesa russa è molto preoccupata per la situazione dei nostri fratelli e dei monasteri ortodossi in Kosovo. Con la benedizione del Patriarca Kirill, stiamo esaminando i modi per fornire l’aiuto più ampio e più efficace per la conservazione dei luoghi santi ortodossi, in aggiunta ai fondi (2 milioni di euro) che sono stati già assegnati dallo Stato russo nell’ambito del progetto Unesco. La Chiesa russa parteciperà al restauro dei luoghi santi e al loro sostegno per garantire il futuro dell’Ortodossia in questa terra antica, che è il cuore della Serbia - la Serbia primordiale”.
Padre Balashov ha inoltre ricordato che è impossibile comprendere la storia della Serbia senza il Kosovo, “sarebbe come escludere Kiev dalla storia della Rus”.
È dunque questione di fede!


Madre Madre di Dio Fëdorovskaja


Fernanda Fernanda Santobuono


Istra Istra - Monastero della Resurrezione di Nuova Gerusalemme


Madre Madre di Dio "Delle Tre Mani"