Nell'Anno della Storia. Editoriale di Fernanda Santobuono

L’icona della Madre di Dio di Kazan-Romanov fu scritta nel 1888 dai monaci del monastero della Madre di Dio di Kazan-Ploschan, nella regione di Bryansk, frontiera occidentale della Russia, in memoria dello scampato pericolo dello zar Alessandro III e della famiglia imperiale durante il disastro ferroviario di Borki. Alla sua morte, sopraggiunta nel 1894, Alessandro III lasciò uno degli Imperi più grandi della storia, che si estendeva su tre continenti, Europa, Asia e Nord America, dal mar Baltico all’oceano Pacifico, dalla Prussia al Canada. Egli fondò nel 1882 la Società Imperiale Ortodossa di Palestina, attraverso la quale oggi è stato possibile recuperare il patrimonio della Rus’’ in Medio Oriente, a Betlemme, Gerico e a Gerusalemme, ignorato e disperso durante gli anni del regime sovietico.
L’icona di Kazan-Romanov appartenne al figlio più giovane dell’imperatore, il granduca Mikhail Aleksandrovič (1878-1918), fratello minore dello zar Nicola II (1868-1918). Dopo i tragici eventi che portarono alla fine dell’Impero russo, questa icona è stata donata nel 1959 alla chiesa di San Serafino di San Pietroburgo, nel cui cimitero sono seppelliti i soldati e i marinai uccisi durante il primo conflitto mondiale e le oltre centomila vittime dell’assedio di Leningrado negli anni 1941-1944. In questo cimitero riposano anche le spoglie dei genitori del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.
Fondato dai monaci della Laura delle Grotte di Kiev, il monastero di Ploshan era dedicato a San Nicola, vescovo di Myra. È situato in un luogo pittoresco, a ridosso del lago di Ploschan. Il territorio su cui esso sorge faceva parte della regione di Orel e prima ancora del grande Principato di Chernigov; pertanto il monastero ha assistito agli eventi legati alla formazione e allo sviluppo dello Stato Russo, di cui Orel costituiva allora il confine.
Non a caso il territorio di Or el è una delle quindici regioni della Federazione Russa dove è stato introdotto nelle scuole l’insegnamento “Fondamenti di cultura ortodossa”.
Questa terra ha dato i natali ad alcune personalità famose della Russia tra il XIX e il XX secolo, tra cui Leonid Nikolaevič Andreev, principale esponente dell’espressionismo russo, Ivan Turgenev, romanziere e drammaturgo, Mikhail Mikhajlovič Bachtin, filosofo e critico letterario, Afanasij Fet, poeta e lirico russo.
Il monastero di Ploshan venne distrutto una prima volta durante il Periodo dei Torbidi (1598-1612), - quando forze nemiche polacco-lituane segnarono il destino della Rus’ cercando di minane alla base la sua struttura politica, sociale e religiosa, - e fu ricostruito nel 1620 ad opera del monaco Prokopoij delle Grotte di Kiev. Questi si recò in visita a Mosca, dove fu ricevuto dal primo zar della dinastia dei Romanov Mikhail Feodorovič e dal Patriarca Filarete; lo zar gli donò l’icona miracolosa della Madre di Dio di Kazan e l’immagine del Salvatore.
L’icona della Madre di Dio di Kazan-Romanov è dunque una copia dell’icona miracolosa donata dallo zar Mikhali Feodorovič al monaco Prokopij.
Il Periodo dei Torpidi, che costò la vita al Patriarca Ermogene per aver difeso la fede ortodossa e l’identità nazionale, durò quattordici lunghi anni, dalla fine della dinastia dei Rurik, il 7 gennaio 1598, all’inizio della dinastia dei Romanov, il 21 febbraio 1613. Durante gli ultimi anni della dinastia dei Rurik venne istituito nel 1589 il Patriarcato di Mosca.
Il successivo periodo di prosperità del monastero di Ploshan è legato alla storia della dinastia dei Romanov. Nel 1882 il granduca Georgij Aleksandrovič acquistò due tenute nel villaggio di Brasov, nei pressi del monastero. Dopo la sua morte nel 1899, la proprietà passò in possesso al granduca Mikhail Aleksandrovič.
In questo periodo visse nel monastero per ventitre anni San Macario di Optina, che fece conoscenza dell’esperienza spirituale degli starets e imparò la preghiera di Gesù. Qui incontrò lo ieromonaco Leonid, seguace degli insegnamenti di San Paisius il Grande (Velichkovsky) e insieme a lui si recò nel monastero di Optina, uno dei più importanti centri spirituali della Chiesa Ortodossa Russa. Visse per qualche tempo nel monastero anche il giovane novizio Dimitri A. Bryanchaninov, il futuro sant’Ignazio.
Durante la Rivoluzione d’Ottobre, il monastero di Ploshan venne chiuso e successivamente trasformato in un centro di apicoltura. Il palazzo del granduca Mikhail Aleksandrovicč fu in gran parte distrutto e l’icona della Madre di Dio di Kazan-Romanov fu salvata dalla profanazione dei marinai rivoluzionari grazie all’intervento del custode della tenuta, un certo Stefan Pimenov Nikitich, bisnonno dell’igumeno Mitrofan (Badanin), e poi conservata in gran segreto dalla famiglia in un’ala del palazzo.
Nel libro “L’icona del Granduca”, scritto dall’igumeno Mitrofan (Badanin), oggi presidente della Commissione per le cause dei santi della diocesi di Murmask, la più grande città al mondo posta all’interno del Circolo Polare Artico, si narra la storia di questa icona, la vita del granduca Mikhail Aleksandrovič, la millenaria tradizione della fede ortodossa e la catastrofe vissuta in Russia nel XX secolo.
Il 15 marzo 1917 lo zar Nicola II, sotto pressione del Governo Provvisorio, abdicò in un primo momento a favore del figlio Aleksej. Questa soluzione fu giudicata inaccettabile dal Governo, che operò invece per un’abdicazione completa dello zar e della sua famiglia.
L’ascesa di Mikhail Alexandrovič fu accolta dai conservatori ma il capo del Governo Provvisorio, Alexandr Kerenskij, minacciò una rivolta se l’esito fosse stato quello indicato. Con due avvocati preparò un manifesto di rinuncia da far firmare al granduca Mikhail Alexandrovič:, cosa che avvenne il giorno seguente, il 16 marzo 1917. Il manifesto non parlava di rinuncia al trono ma pose precise condizioni circa la sua accettazione: “Sono fermamente determinato ad assumere il potere supremo solo se tale è la volontà del nostro grande popolo, che deve ora, con suffragio universale e attraverso i rappresentanti dell’Assemblea Costituente, stabilire una forma di governo e nuove leggi fondamentali dello Stato russo”. Le speranze che Mikhail Alexandrovič potesse assumere il trono dopo le elezioni della Duma andarono distrutte dagli eventi successivi. La sua rinuncia al trono, anche se condizionata, segnò la fine dell’Impero zarista in Russia. Dato che non governò, né fu incoronato, e dato che regnò per meno di un giorno, suo fratello Nicola II è considerato l’ultimo vero zar. Da alcuni, tuttavia, è riconosciuto come ultimo zar de iure.
Mikhail Alexandrovič fu il primo della famiglia reale ad essere martirizzato il 12 giugno 1918 a Perm’, dove viveva in un albergo. Il 17 luglio, suo fratello, lo zar Nicola II, e l’intera famiglia imperiale furono trucidati ad Ekaterinburg, nella regione degli Urali.
Fu così che la Russia cominciò a perdere parte dei suoi territori, cedendo agli Imperi centrali (germanico, austro-ungarico, ottomano e Regno di Bulgaria) la Finlandia, le Province baltiche, la Polonia e l’Ucraina attraverso il Trattato di Brest-Litovsk durante la Prima Guerra Mondiale.
Solo un secolo prima la Russia era riuscita a sconfiggere Napoleone Bonaparte nel 1812, determinando la fine del suo dominio sull’Europa!
Quando i bolscevichi presero il potere, Alexander Kerenskij fuggì a Pskov e in seguito compì un tentativo di rovesciare il nuovo governo comunista: le truppe, sotto il suo comando, conquistarono Carskoe Selo ma furono sconfitte il giorno successivo a Pulkovo.
Dopo tale sconfitta Kerenskij lasciò il suo Paese per la Francia e nel 1940 , quando la Germania hitleriana conquistò Parigi, si trasferì negli Stati Uniti, dove visse fino alla sua morte nel 1970. La Chiesa Ortodossa negli Stati Uniti rifiutò di accogliere le sue spoglie nei propri cimiteri, ritenendolo il politico maggiormente responsabile della vittoria dei bolscevichi; anche la Chiesa Ortodossa Serba non diede il consenso alla sua sepoltura e pertanto Kerenskij venne seppellito a Londra.
La Corte Suprema Russa il 1 ottobre 2008, dopo una lunga battaglia legale, ha riconosciuto come illegale l’esecuzione dei Romanov.
Nell’aula delle sedute della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ancora oggi un grande ritratto ricorda Nicola II come padre di questa istituzione. Allo stesso modo, una lapide commemorativa collocata nel palazzo dell’Onu a New York reca inciso il pensiero e il nome di Nicola II.
L’icona della Madre di Dio di Kazan, che rappresenta il simbolo della vittoria della Russia durante il Periodo dei Torpidi e nella Guerra Patriottica contro Napoleone nel 1812, assume un significato particolare nell’Anno della Storia Russa, qual è il 2012, in cui si celebrano il 400° anniversario della liberazione di Mosca dall’invasione polacca e la fine del Periodo dei Torpidi, il 200° anniversario della Guerra Patriottica contro Napoleone, il 1150° anniversario della nascita dello Stato Russo, il 75° anniversario dell’inizio della battaglia di Stalingrado, il 130° anniversario della fondazione della Società Imperiale Ortodossa di Palestina e il 100° anniversario del riposo di San Nicola del Giappone.
Mille anni di storia e di conflitti insegnano che la Santa Rus’ non è solo il nome di un grande Stato-Continente, multietnico e multireligioso, che costituisce “il cuore della Terra”, ma rappresenta la grandiosa storia di un popolo che ha saputo difendere le sue radici spirituali.
Ciò che è avvenuto nel corso dei secoli ha testimoniato che la Chiesa Ortodossa e lo Stato Russo insieme possono costruire una grande storia ed affrontare le sfide più terribili, come quella di perdere la propria identità di fronte al nemico ateo o apparentemente tale. Ma la fede ortodossa e la speciale Protezione della Madre di Dio hanno sempre sostenuto la Santa Rus’, facendo di questo Paese un modello unico al mondo per la sua testimonianza di fede e di unione tra la natura divina e la natura umana, un’unione secondo l’energia.
E chi partecipa dell’energia di Dio incontra Dio stesso, faccia a faccia, attraverso un’unione d’amore diretta e personale, nella misura in cui ogni essere creato è capace.
Icona Icona della Vergine di Kazan-Romanov


L'icona L'icona del Granduca


Fernanda Fernanda Santobuono