In difesa dei cristiani nel mondo. Il ruolo del Consiglio Ecumenico delle Chiese nel XXI secolo

Il Consiglio Ecumenico delle Chiese, che riunisce circa trecentocinquanta Chiese protestanti, ortodosse e antiche Chiese orientali, ha tenuto nella città sudcoreana di Busan, dal 30 ottobre all’8 novembre 2013, la sua X Assemblea Generale su temi importanti, che impegneranno nei prossimi anni una delle più grandi organizzazioni intercristiane. All’Assemblea ha preso parte la delegazione della Chiesa ortodossa russa, guidata dal presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, metropolita Hilarion di Volokolamsk. In un’intervista con l’agenzia russa RIA «Novosti», il metropolita Hilarion ha parlato della storia e dello scopo della partecipazione del Patriarcato di Mosca al Consiglio, in particolare su quanto sta accadendo in Medio Oriente e in altre regioni, sul genocidio programmato dei cristiani, che il CEC dovrebbe aiutare a fermare, sull’organizzazione di una riunione dei leader religiosi a Ginevra sulla Siria, sul rafforzamento dell’ala estremista del mondo islamico e su una adeguata politica migratoria, sulla dichiarazione del presidente degli Stati Uniti riguardo all’«eccezionalità» della nazione americana.

Intervista di Olga Lipich

Qual è lo scopo della partecipazione della Chiesa ortodossa russa al Consiglio Ecumenico delle Chiese, fondato nel 1948 dalla fusione di tre movimenti protestanti? Qual è l’influenza di questa organizzazione oggi?

Il Consiglio Ecumenico delle Chiese continua ad essere l’unica piattaforma nel suo genere, dove i rappresentanti di oltre trecento Chiese possono incontrarsi. Il Consiglio non include la Chiesa cattolica come uno dei membri, e questo è all’origine della sua debolezza. Cioè, l’equilibrio delle forze del mondo cristiano non è rappresentato per intero nel Consiglio, perché la maggioranza dei membri del CEC appartengono a varie Chiese protestanti. A tutte le riunioni del Consiglio, compresa quella in corso, i partecipanti ortodossi, insieme ai rappresentanti delle Chiese ortodosse non caledoniane, sono un quarto.
La Chiesa cattolica non è membro del Consiglio Ecumenico delle Chiese perché è contrario alla sua ecclesiologia - essa si percepisce come una Chiesa universale, che non può essere membro di un’organizzazione globale. Ma partecipa al CEC in qualità di osservatrice, mentre è membro a pieno titolo della Commissione «Fede e Costituzione».
Per me, questa è la terza Assemblea nella quale sono coinvolto come capo della delegazione della Chiesa ortodossa russa. All’Assemblea di Harare (Zimbabwe, 1998) ha partecipato una delegazione semiufficiale di cinque membri, che ho presieduto nella dignità del sacerdozio.
È stata l’occasione per criticare molto seriamente il Consiglio Ecumenico delle Chiese, per il fatto che esso è dominato dal programma liberale e sono rappresentate le Chiese protestanti del nord e quelle occidentali. Grazie alle nostre critiche e ad una riunione interortodossa, che su iniziativa nostra e della Chiesa ortodossa serba si è svolta a Salonicco nel 1998, il CEC è stato corretto sia nel suo ordine del giorno che nella procedura per il processo decisionale.
In particolare, stiamo insistendo sul fatto che tutte le decisioni siano prese sulla base del consenso, cioè che non vi sia un voto su importanti questioni di carattere teologico e morale. Da allora, questa regola viene applicata. Questo ci permette, da un lato, di indicare la posizione della nostra Chiesa su varie questioni, dall’altra, di non avere paura del fatto che in alcune votazioni la nostra voce sarà in minoranza.
Nella nostra partecipazione al Consiglio un fattore importante, che consideriamo una priorità, è rappresentato dal tema, che non deve riguardare le questioni dottrinali.

Quali argomenti di discussione sono considerati oggi importanti nel dialogo
e nella cooperazione intercristiana?

Dal mio punto di vista, il tema principale su cui oggi i cristiani di diverse confessioni possono lavorare insieme nonostante le differenze è, naturalmente, il tema della protezione dei cristiani afflitti e perseguitati.
E ora questo tema è venuto alla ribalta a causa degli eventi che si svolgono in Medio Oriente, nel Nord Africa e in un certo numero di altri Paesi, dove i cristiani subiscono una massiccia repressione, persecuzione, dove vengono bruciate chiese cristiane e i sacerdoti cristiani sono rapiti e uccisi, dove migliaia di cristiani sono costretti a lasciare le loro case.
Penso che un tale forum, qual è il Consiglio Ecumenico delle Chiese, possa svolgere un ruolo nella protezione dei cristiani che soffrono oggi a causa delle persecuzioni. In particolare, nelle ultime settimane e negli ultimi mesi, il CEC ha fatto grandi sforzi per aiutare a trovare una via pacifica alla situazione in Siria. E noi siamo attivamente coinvolti in questo lavoro.

Il Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, pastore Olav Tveit, durante la riunione dell’Assemblea ha accennato alle problematiche legate alla riunione dei leader religiosi, che il Consiglio ha in programma di organizzare a Ginevra prima della Conferenza delle Nazioni Unite sulla Siria, la cosiddetta «Ginevra-2». Sappiamo che Voi siete stato a Ginevra per la prima consultazione, organizzata dal Consiglio Ecumenico delle Chiese sulla Siria a settembre. La Chiesa ortodossa russa parteciperà alla prossima riunione e che cosa si aspetta da essa?

Penso che saremo presenti a questo incontro solo se sarà raggiunto un equilibrio. Per noi è importante contribuire a portare le parti in conflitto al tavolo dei negoziati. Non vediamo altra soluzione al conflitto siriano.
Siamo fermamente contrari a qualsiasi ingerenza straniera nella situazione siriana. Siamo attivamente contrari al bombardamento che gli aerei americani stavano preparando contro la Siria. Grazie agli sforzi congiunti dei leader politici e religiosi questa minaccia è stata superata.
Allo stesso tempo ci rendiamo conto che il conflitto siriano è tutt’altro che risolto. E così continueremo a fare ogni sforzo possibile al fine di orientare il processo in modo pacifico.

Alla riunione del CEC sulla Siria a Ginevra è prevista la partecipazione di rappresentanti delle organizzazioni internazionali, del governo siriano e dell’opposizione, essi sono in grado di influenzare la situazione?

Nell’ultima riunione, che si è tenuta a Bossey il 18 settembre scorso, erano presenti l’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba in Siria, Lakhdar Brahimi, e l’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan - cioè, le persone che sono coinvolte nel processo decisionale e hanno influenza su di esso. Erano presenti per conto delle organizzazioni internazionali.
Mi auguro che la seconda riunione intercristiana, che si terrà alla vigilia della conferenza internazionale di pace a Ginevra sul conflitto in Siria, comprenda rappresentanti di quelle organizzazioni che svolgono un ruolo diretto nel tentativo di risolvere questo conflitto.

Quali altri problemi oggi sono più rilevanti per la Chiesa ortodossa russa? Il destino dei due metropoliti rapiti in Siria nel mese di aprile di quest’anno, la soluzione del conflitto israelo-palestinese, lo sviluppo delle relazioni interreligiose e il rafforzamento del mondo musulmano-cristiano?

Tutti questi temi sono importanti per noi. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese è una piattaforma abbastanza singolare per riunire i rappresentanti delle varie religioni, comprese quelle di cui sopra. In primo luogo, noi possiamo ascoltare la testimonianza di prima mano di ciò che sta accadendo là. In secondo luogo, qui si possono esprimere le proprie posizioni. E in terzo luogo, possiamo, come mi auguro, influenzare la situazione.
Credo che questa sia la missione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che ora sta venendo alla ribalta. La ricerca dell’unità dottrinale, che ha caratterizzato il lavoro del Consiglio nella seconda metà del XX secolo, ora, a mio parere, non è più in primo piano. Questo è un bene, perché si passa da discussioni teoriche, che non portano da nessuna parte, a un livello pratico, dove la nostra Chiesa può avere un impatto davvero reale sulla situazione attuale.
Almeno alcune delle Chiese rappresentate qui possono avere un impatto sui governi dei Paesi. Ad esempio, se si prende la Chiesa d’Inghilterra, che ha uno status ufficiale nel Regno Unito, i vescovi anglicani siedono nella Camera dei Lord e possono influenzare la politica del Regno Unito, anche a livello internazionale. Molte altre Chiese hanno anche contatti con i governi di vari Paesi e, quindi, possono avere un impatto reale sulla situazione internazionale.

Che tipo di risultati si aspetta dalla X Assemblea del CEC, che cosa deve cambiare?

Questa Assemblea a gran voce può e deve chiamare le cose con il loro nome, può esprimere con forza la protesta contro il genocidio (oserei dire) cristiano, che oggi si svolge in Medio Oriente e che è voluto dalle forze estremiste e dai terroristi con lo scopo di distruggere il cristianesimo nella regione.
Credo che ciascuna Chiesa possa fare ulteriori sforzi per garantire che i governi e le forze politiche possano proteggere la popolazione cristiana nelle regioni dove è sottoposta a vere e proprie persecuzioni mirate.
Purtroppo, a livello politico, questo non accade. Il tema della persecuzione dei cristiani solo sporadicamente viene trattato nei discorsi politici e dai media. Il monitoraggio della situazione vede impegnate soprattutto le agenzie private o le organizzazioni per i diritti umani. Pertanto dobbiamo fare in modo che questo tema sia posto all’attenzione della leadership delle principale potenze, nelle cui mani c’è il controllo della situazione.

Quanto può essere pericoloso oggi lo scontro tra cristiani e musulmani nel mondo e, in particolare, in Russia, se esso dà luogo al terrorismo? E a questo proposito, cosa ne pensate della recente recrudescenza della violenza a Mosca, nel quartiere di Birjulëvo, interessato da una intensa situazione migratoria che può avere ripercussioni non solo nelle relazioni interetniche ma anche in quelle interreligiose?

I cristiani e i musulmani possono coesistere pacificamente, lo dimostra la secolare esperienza di convivenza dei rappresentanti di entrambe le tradizioni religiose in Russia e in molti altri Paesi. Ma questa coesistenza può avere un certo potenziale esplosivo, che aumenta fortemente quando assume la forma dell’estremismo religioso.
Nel mondo islamico oggi questa ala estremista è in aumento. Non stiamo parlando del tradizionale islam pacifico, ma di ciò che noi chiamiamo islamismo o wahhabismo, che è una ideologia così odiosa che agisce attraverso atti di terrorismo, azioni militari e sterminio di massa dei cristiani.
Questo fenomeno non possiamo né capirlo, né accettarlo. E naturalmente siamo in dialogo con i leader religiosi islamici per incoraggiarli ad impegnarsi più attivamente nella lotta contro tutte le forme di terrorismo e radicalismo. Li incoraggiamo ad educare i loro greggi in uno spirito di tolleranza e di convivenza pacifica con le altre religioni, come prescritto dal Corano, che parla molto rispettosamente del cristianesimo.

Ogni anno, il 4 novembre si celebra in Russia la Giornata dell’Unità Nazionale. Quali misure vengono prese per la sua conservazione e il suo rafforzamento?

C’è bisogno di una giusta ed equilibrata politica dello Stato sull’immigrazione. E lo Stato deve proteggere i suoi confini. Dico questo non tanto come ex guardia di confine, ma come cittadino del Paese, che si preoccupa per la sua integrità. Le politiche sull’immigrazione devono fare una distinzione tra persone pacifiche che vengono a vivere in modo permanente, e quelle che non vengono con intenzioni pacifiche e rappresentano una potenziale minaccia. I movimenti radicali devono essere rigorosamente repressi, come il traffico di droga e la criminalità organizzata. Essi devono essere monitorati con attenzione dai relativi servizi.
La polveriera non esplode se viene attuata una adeguata politica internazionale.
Questa politica non deve essere confusa con le politiche interreligiose. Il potenziale esplosivo non è contenuto nei credi, ma nelle relazioni tra i diversi gruppi etnici, culture, paradigmi filosofici e ideologici.
Le politiche etniche e sull’immigrazione sono, prima di tutto, nelle mani dello Stato, le cui azioni in queste aree devono essere basate su scelte molto equilibrate.

Dopo le recenti dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Barack Obama sulla «eccezionalità» della nazione americana, che dovrebbe consentire agli Stati Uniti di decidere un intervento militare in varie situazioni senza considerare il parere della comunità internazionale, si è accesa la relativa discussione. Qual è l’opinione della Chiesa russa su tale «eccezionalità»?

Da un punto di vista cristiano, non ci può essere una nazione eccezionale. Una volta il popolo eletto da Dio era il popolo ebraico, ma dopo la venuta del Salvatore nel mondo apparve la «Nuova Israele» - la Chiesa di Cristo, che unisce le persone, indipendentemente dalla loro nazionalità.
Naturalmente, a popoli diversi in epoche diverse può essere data una missione speciale - portare la pace, portare la verità di Dio. Stiamo parlando di un particolare popolo, che è il popolo eletto da Dio, come il popolo di Antiochia. Ma quando l’eccezionalità è motivata dalla superiorità, da obiettivi o preferenze politiche ed economiche, non possiamo accettare questo. E nessuna nazione può imporre determinati standard di comportamento e modelli di vita interiore.

(Testo tradotto dal russo a cura della redazione)
Costantino Costantino fra i Padri conciliari al Primo Concilio di Nicea: il rotolo contiene il testo del Simbolo Niceo


Bossey Bossey - Prima consultazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese sulla crisi siriana


Busan Busan - Assemblea Generale della CEC