L'Icona della Vergine Ivérskaya

L’icona della Vergine Ivérskaja è conservata nel Monastero di Iviron, uno dei venti monasteri ortodossi del Monte Athos, situato nella parte nord-est della Santa Montagna, lungo una piccola baia. Tesori di valore inestimabile vengono custoditi nella sacrestia, mentre la biblioteca è ricca di documenti imperiali e patriarcali, con oltre duemila manoscritti e ventimila libri stampati. Ma il tesoro più grande è questa icona miracolosa, custodita nella Cappella, all’ingresso del Monastero, poiché si ritiene che la sua scomparsa dal Monte Athos è segno premonitore della fine del mondo. La storia del Monastero è quella dell’Icona sono strettamente legate tra loro. Secondo la tradizione, l’Icona fu dipinta dall’evangelista Luca.
Il Monastero, a statuto idiorritmico fu fondato nel 979. E’ dedicato alla Dormizione della Panaghia. Il nome significa "degli iberi", cioè dei georgiani i quali fondarono il monastero e lo tennero per qualche secolo. Attualmente i monaci sono tutti greci. La biblioteca è tra le più ricche dell'Athos, la più ricca in libri stampati dopo quella della Grande Lavra. La storia della sua origine è connessa con le vicende politiche intervenute alla morte di Giovanni I Zimisce (976). Teofano, la vedova di Niceforo II Foca, aveva sposato in prime nozze Romano II (959-963) da cui aveva avuto due figli, per la cui tenera età Niceforo II Foca e poi Giovanni I Zimisce (che era cognato di Romano II) si erano autorizzati a occupare il trono, senza voler sopprimere il diritto dei due bambini. Dopo tredici anni i bambini erano cresciuti e vennero riconosciuti imperatori: erano Basilio II (976-1025) e Costantino VIII (976-1028). A questo punto un pretendente al trono, Barda Scleros, mosse guerra ai giovanissimi imperatori. Intanto all'Athos già da un anno tra i discepoli di sant'Atanasio si trovavano due georgiani di nobile famiglia, Giovanni e suo figlio Eutimio, che era stato in ostaggio alla corte di Costantinopoli. Dopo aver praticato la vita monastica in un cenobio del Monte Olimpo in Misia erano venuti all'Athos nel 975, dove altri georgiani li avevano raggiunti; tra questi il generale Tornikios, che aveva reso grandi servigi all'impero. La madre dei due giovani imperatori, Teofano, che aveva abbandonato il suo esilio monastico per ricoprire il ruolo di imperatrice madre, conoscendo il valore di Tornikios, lo pregò di riprendere le armi in aiuto ai legittimi imperatori. Tornikios, lasciato l'Athos, ottenne dal principe di Georgia David, vassallo dei bizantini, un fortissimo contingente di cavalieri che contribuì alla vittoria decisiva nel 979. Dopo di che ritornò all'Athos e, con i mezzi propri e l'appoggio fornito da Basilio II e dalla madre Teofano, promosse l'iniziativa dei suoi compatrioti Giovanni ed Eutimio e con loro costruì un nuovo monastero per i georgiani che sempre più numerosi accorrevano all'Athos. Fu appunto il monastero che i greci chiamarono Iviron (979 circa). Sant'Eutimio, il primo igumeno di Iviron, si rese celebre per l’immenso lavoro di traduzione e adattamento di scritti ecclesiastici dal greco in georgiano. Per mezzo suo i georgiani conobbero le opere di San Basilio, di san Gregorio Nazianzeno, come pure I Dialoghi del papa San Gregorio Magno. Verso il 1040 venne a Iviron il monaco georgiano Giorgio l'Athonita, che succedette a sant'Eutimio come igumeno e come traduttore; per opera sua il patrimonio letterario costituito dai libri liturgici bizantini passò nella letteratura georgiana. Iviron rimase un centro culturale georgiano fino all'inizio del XVI secolo; da allora lo abitarono solo monaci greci. Tuttavia nella biblioteca vi sono ancora preziosi manoscritti georgiani. Ricordiamo un manoscritto greco con molte miniature del XIII secolo che contiene il romanzo dei santi Barlaam e Ioasaf (o Giosafat), una trasposizione della vita di Buddha sulla persona di Ioasaf, figlio di un re dell’India, che convertito al cristianesimo da santo eremita Barlaam, riuscì a convertire il padre e, rinunciando al regnò, si diede con Barlaam alla vita monastica. Tra i suoi benefattori vi fu il re di Serbia Stefano VII Dusan (1331-1355), che allargando le sue conquiste si rese padrone della Macedonia e dell'Athos (1334). Quando nel 1346 si fece incoronare “imperatore dei greci e dei romani", erano presenti alla cerimonia anche i rappresentanti dei monasteri dell’Athos. In seguito lo stesso Dusan visitò l'Athos elargendo i suoi benefici.
Nel IX secolo, l’ icona miracolosa della Madre di Dio di Iviron era in possesso di una vedova che viveva a Nicea, in Asia Minore. La città non esiste più, ma a suo tempo fu sede di due Concili Ecumenici: il primo, durante il quale furono composti i primi otto articoli del Credo di Nicea, e il settimo, che proclamò la fine dell’iconoclastia. Fu durante il regno dell’ imperatore bizantino iconoclasta Teofilo che alcuni soldati giunsero a casa della vedova, dove in una piccola cappella era conservata l’Icona della Madre di Dio, occupando un posto d’onore nella casa. Uno dei soldati colpì l’icona con la sua spada, e subito iniziò a scorrere sangue dalla guancia destra della Vergine. Scosso da questo miracolo, il soldato immediatamente pentito, entrò in un monastero. Dietro suo consiglio, la vedova pensò di mettere in salvo l'Icona, al fine di scongiurare un’ulteriore profanazione. Dopo aver a lungo pregato, prese l’Icona e la “fissò” sulle onde del mare. Con sua grande sorpresa e gioia, vide che l'Icona non affondava, ma, rimanendo in posizione verticale, si allontanava in direzione ovest.
Molti anni dopo, l’Icona apparve dal mare “in una colonna di fuoco”, come racconta la tradizione Atonita, vicino al Monastero di Iviron. A quel tempo vi era il santo monaco Gabriel, al quale apparve la Madre di Dio che gli disse di essere la loro protettrice e di non aver paura a prendere l’Icona. Obbediente, Gabriel “camminò sulle acque, come su un terreno asciutto”, prese l’Icona e la portò a riva. Era il 12 luglio Poi la collocò nel monastero, ponendola sull’altare. Il giorno dopo, l’icona fu ritrovata sul muro accanto alla porta del monastero. Questo accadde più volte, fino a quando la Santa Vergine rivelò al monaco Gabriel che era suo desiderio proteggere i monaci (13 ottobre). Pertanto, fu costruita una chiesa vicino all’ingresso del monastero, dove tuttora è collocata l’Icona. Essa quindi prese il nome di Madre di Dio di Iviron e per la sua posizione è chiamata “Portaitissa”. Oltre a molti miracoli, l’Icona della “Portaitissa” ha dimostrato la sua protezione durante vari assalti al monastero da parte dei pirati saraceni.
Nel 17° secolo, il Patriarca di Mosca Nikon chiese all'abate del monastero di avere una copia dell’Icona. Fece costruire una cappella accanto alle mura del Cremlino, vicino alla Porta della Risurrezione. Il 13 ottobre 1648 giunse una copia dell’Icona, che fu venerata dalla popolazione russa fino alla Rivoluzione del 1917, quando il tempio fu distrutto e dell’ Icona non si seppe più nulla. Nel 1994 il Patriarca Alessio II ha benedetto la ricostruzione della Cappella e della Porta e una nuova Icona è giunta dal Monte Athos.
Nel mese di novembre 1982, una copia dell’Icona fu portata in Canada, dove è molto venerata. Il 26 settembre 1989, un’altra copia è arrivata a Tbilisi, in Georgia, dal Monastero di Iviron. E’ stata dipinta dai monaci del Monte Athos, quale segno di amore e di gratitudine verso il popolo georgiano.
L’Icona di Iviron è miracolosa e produce abbondante “mirra” durante tutto l’anno, ad eccezione della Settimana Santa, per ricomparire il Sabato Santo.
“Rallegrati, o Beata, che apri le porte del Paradiso ai giusti”.

Il Il Monastero di Iviron


Monastero Monastero di Iviron - Cappella della Panaghia


Panaghia Panaghia Portaitissa


Mosca Mosca - Cremlino. La Porta della Risurrezione