L'opera dei Santi Cirillo e Metodio nella Grande Moravia
I fratelli Costantino e Michele, conosciuti con i loro nomi monastici Cirillo e Metodio, nacquero nella prima metà del IX secolo a Tessalonica (poi Salonicco) da un magistrato di nome Leone.
Nell’863 Cirillo e Metodio furono inviati presso il re della Grande Moravia, Rostislav, che, per contrastare l’influenza germanica, aveva chiesto all’imperatore di Costantinopoli Michele III dei missionari che sapessero lo slavo. Questa richiesta nacque dal fatto che Ludovico il Germanico, re di Baviera (la parte orientale dell’ex-impero carolingio) stava servendosi di missionari franco-germanici per espandere il proprio potere nella Grande Moravia - regno fondato da Mojmir, re degli Slavi tra l’830 e il 846, e comprendente i territori di Slovacchia, Boemia, Lusazia, Slesia e Piccola Polonia - anche se con difficoltà, perché la Moravia era un potente Stato con molte tribù slave e perché il papato gli si opponeva temendo il rafforzamento della Chiesa germanica. Inoltre, i missionari germanici imponevano alla popolazione, nel rispetto delle direttive romane, l’uso del latino per la liturgia e la lettura della Bibbia, suscitando perciò molto scontento. Fu così che Rostislav chiese al papa dei missionari che conoscessero la lingua slava, ma non avendoli ottenuti si rivolse all’imperatore di Bisanzio, che soddisfece le richieste. Con l’appoggio del Patriarca di Costantinopoli Fozio, Cirillo e Metodio furono inviati nella Grande Moravia, dove, durante i quattro anni della loro permanenza, inventarono un nuovo alfabeto (appreso, si tramanda, per intervento divino dopo digiuni e preghiere), incominciarono la traduzione dal greco in slavo delle Sacre Scritture e dei libri liturgici e formarono i discepoli che avrebbero continuato il loro apostolato.
Sulla strada del ritorno, i due fratelli si fermarono in Pannonia, dove il principe Kocel affidò loro l’istruzione in slavo di cinquanta allievi, e a Venezia, dove tennero dei discorsi sull’opportunità della lingua slava nel culto.
Chiamati a Roma da papa Nicola I, al loro arrivo furono ricevuti dal successore Adriano II, che non solo andò loro incontro in processione per accogliere degnamente le reliquie di San Clemente, che Cirillo e Metodio avevano recuperato a Kersón, in Crimea, ma espresse la sua approvazione sull’uso della lingua slava nella liturgia, ordinò prete Metodio e alcuni loro discepoli e fece deporre sull’altare di Santa Maria i libri liturgici scritti in slavo. Nelle chiese di San Pietro, Santa Petronilla, Sant’Andrea e San Paolo fu celebrata una liturgia in slavo.
Nel dicembre 868, Costantino-Cirillo si ammalò e, prevedendo prossima la fine, rivestì l’abito monastico, assumendo appunto il nome di Cirillo. Dopo cinquanta giorni, il 14 febbraio 869, morì e fu sepolto con grande solennità nella chiesa romana di San Clemente.
Alla morte del fratello, Metodio fu consacrato vescovo e nominato arcivescovo della Pannonia e della Moravia, dove andò con una lettera del papa che lo accreditava presso i principi Rostislav, Sventopulk e Kocel e approvava senza riserve la liturgia slava.
Metodio riuscì ad andare in Pannonia, ma non in Moravia, perché, in seguito agli scontri fra il clero latino e il nuovo clero slavo e delle forti proteste indirizzate dall’arcivescovo Aldewinus a Ludovico il Germanico, Metodio fu imprigionato, tradotto davanti al Concilio di Ratisbona, condannato ed esiliato a Ellwagen in Svezia. Papa Adriano II non intervenne in sua difesa.
Fu papa Giovanni VIII, nell’878, ad intervenire energicamente e ad ottenere la liberazione di Metodio, pur riprovando l’introduzione della lingua slava nella liturgia. Ma Metodio, forte della precedente approvazione di papa Adriano II, continuò la propria opera, pur usando discrezione e prudenza, e andò in Moravia dove trascorse qualche anno in pace. Quando nuove accuse lo colpirono, papa Giovanni VIII lo convocò a Roma per sentire le sue ragioni. Metodio riuscì a convincerlo e il papa indirizzò al re della Grande Moravia la lettera Industriae tuae, in cui confermava l’arcivescovo in tutte le sue funzioni e approvava l’uso dello slavo nella liturgia, ma imponeva che il Vangelo fosse letto prima in latino e poi in slavo. Inoltre, il papa consacrò vescovo di Nitra l’inviato del principe germanico, Wiching, che aveva calunniato Metodio, permettendogli di celebrare le funzioni in latino, lingua preferita dal principe.
Le decisioni del papa non spianarono la strada a Metodio. Morì probabilmente il 6 aprile 885 e fu sepolto nella cattedrale di Velehrad (Repubblica Ceca), dietro l’altare dedicato alla Madre di Dio. Prima di morire, designò suo successore Gorazd, che fu subito calunniato dal vescovo Wiching e cacciato dal Paese assieme ai compagni (886). Rifugiatisi in Macedonia (allora territorio bulgaro), furono ben accolti dal re Boris.
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