Kesab - Un pezzo dell'Europa cristiana

Kesab è un piccolo villaggio armeno di circa duemila anime situato nel nord della Siria, a tre chilometri dal confine turco e vicino alla città biblica di Antiochia.
Estrema propaggine del regno cristiano di Cilicia, Kesab ha rappresentato nei secoli un rifugio contro le persecuzioni ottomane e islamiche. Durante il genocidio del 1915, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, cinquemila armeni di Kesab, l’85% della popolazione, furono deportati e uccisi insieme a quelli del vicino Musà Dagh, la cui tragedia venne raccontata da Franz Werfel nel romanzo «I quaranta giorni del Musà Dagh».
Nel 1939 Kesab fu tolta alla Turchia e venne annessa alla Siria, dove gli armeni hanno vissuto in pace fino ai nostri giorni. Questo significò la salvezza per gli armeni di Kesab, ma anche la perdita delle terre rimaste in Turchia.
Nei secoli la popolazione di Kesab ha conservato la fede, i valori, le tradizioni tramandate nei secoli, la lingua e i santuari, tra cui la Chiesa di Santo Stefano del 909 dC, la più antica chiesa armena di Siria.
Anche se in Asia minore, Kesab è Europa. Vicino a Kesab, in Antiochia, i primi seguaci di Cristo vennero chiamati cristiani.
Di qui passarono gli apostoli, primi predicatori del Vangelo. A Kesab si vivono i valori di quella che era l'Europa cristiana.
Di Kesab era Karekin I, il precedente Patriarca di tutti gli armeni. Qui la gente ha una fede che proviene dalla profondità dei secoli e dal sangue di innumerevoli martiri. Qui sanno cos'è la bellezza, la bontà, il bene che hanno sempre custodito e coltivato tenacemente, il male. Tutto questo rischia ancora una volta di essere distrutto.
Lo scorso 21 marzo, durante il periodo di Quaresima, alle 6 di mattina truppe di ribelli jihadisti collegate ad Al Qaeda (al-Nusra, Sham al-Islam e Ansar al-Sham) e scortate da milizie turche, sono penetrate in Siria dal confine turco e hanno bombardato Kesab. La popolazione armena, 600 famiglie costituite quasi esclusivamente dai discendenti degli armeni sfuggiti all’orrore del genocidio del 1915, è stata costretta alla fuga nella vicina Latakia, dove è stata accolta nella chiesa armena e nella chiesa greco-ortodossa della città.
Fonti siriane parlano di ottanta morti e di molti vecchi impossibilitati a fuggire, di cui non si conosce la sorte. Negli scontri, un caccia siriano intento a contrastare i ribelli è stato abbattuto dalla contraerea turca. I ribelli hanno saccheggiato le case e profanato le chiese.
Immediatamente gli armeni della Repubblica d’Armenia e della diaspora, le loro istituzioni, i loro capi religiosi e i partiti politici si sono attivati per richiamare l’attenzione degli Stati e delle organizzazioni internazionali sul destino di Kesab. Il presidente della Repubblica armena, Serzh Sargsyan, ha denunciato l’aggressione alla comunità armena siriana. Sargsyan ha appunto ricordato come, per la terza volta, in poco più di un secolo, gli armeni di Kesab si trovino in pericolo. La prima volta con i massacri di Adana del 1909, quando la popolazione venne duramente colpita, la seconda nel 1915, con la messa in atto del genocidio da parte dei Giovani Turchi, che decimò la popolazione, ed ora nuovamente nel 2014, ad un anno dal centesimo anniversario del Grande Male, come gli armeni chiamano il genocidio.
Il 1 giugno la Federazione Russa assumerà la presidenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Molta attenzione sarà rivolta al Medio Oriente. Si discuterà la situazione in Yemen e Libia, il processo di disarmo chimico della Siria e la situazione umanitaria nel Paese.


Un'immagine Un'immagine della città di Kesab prima dei bombardamenti