Verso un mondo multipolare. Editoriale di Fernanda Santobuono

«Coloro che continuano ad affermare la rispettiva esclusività, odiano attivamente la politica indipendente della Russia. La situazione in Ucraina lo ha confermato, come ha confermato che il modello di relazione con la Russia, basata sui doppi standard non funziona», - ha dichiarato il Presidente russo Vladimir Putin durante una riunione con gli ambasciatori e i rappresentanti permanenti della Federazione Russa.
Putin ha evidenziato che il modello unipolare del mondo è fallito. «I popoli e i Paesi dichiarano ad alta voce la loro risolutezza nel decidere il proprio destino, nel preservare la loro civiltà e identità culturale, che è in conflitto con i tentativi di alcuni Paesi di mantenere il loro predominio in ambito militare, politico, finanziario, economico e ideologico», - ha detto il leader russo.
«La Russia è unita all'America Latina dalla dedizione ai principi del mondo multipolare, dal rafforzamento del ruolo centrale dell'ONU e dal rispetto del diritto internazionale, e contribuirà allo sviluppo delle relazioni economiche della regione con i Paesi dell'Unione doganale», - ha affermato il Presidente russo durante l'incontro con i giornalisti latinoamericani e russi alla vigilia della sua visita a Cuba, in Brasile e in Argentina, l'11-16 luglio 2014, in occasione del vertice dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), che ha portato, tra l'altro, alla fondazione della Banca mondiale per lo sviluppo di questi Paesi, con sede a Shanghai.
Secondo Putin, Mosca sostiene il Brasile nel tentativo di diventare membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, è pronta ad investire seriamente nell'economia cubana e a portare a un nuovo livello la cooperazione con l'Argentina, anche nel settore delle alte tecnologie. Con tutti questi Paesi la Russia intende sviluppare la cooperazione nel settore dell'istruzione, della cultura e del turismo.
Dal canto suo, la Chiesa ortodossa russa considera l'America Latina un importante polo spirituale, politico, economico, culturale della civiltà moderna. La nascita di nuove parrocchie nei Paesi del Sud America, dovuta alla crescente presenza di russi ortodossi, consoliderà la sua presenza in questi Paesi d'oltreoceano.
Una prova di fedeltà alla propria identità spirituale, culturale, viene data oggi dalla Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca in concomitanza della crisi politica in Ucraina e del sanguinoso conflitto fratricida nella parte orientale del Paese, che ha causato finora oltre quattromila morti e un esodo della popolazione.
Il numero dei rifugiati ucraini in Russia è salito ad oltre un milione di persone, accolte in circa trecento centri di accoglienza, distribuiti in quarantotto regioni della Federazione Russa.
Il tutto mentre il Primate della Chiesa ortodossa ucraina, Sua Beatitudine il metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina Vladimir, terminava la sua esistenza terrena il 5 luglio 2014, dopo una lunga malattia e tanta sofferenza.
«Il metropolita Vladimir è stato un grande vescovo della Chiesa ortodossa russa, amato e venerato da milioni di fedeli, che costituiscono il gregge ucraino», - ha testimoniato Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill nel suo messaggio di cordoglio. «Il Signore stesso, mediante lo Spirito Santo e l'elezione del Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa ucraina a Khar'kov nel 1992, ha concesso alla Chiesa ucraina un grande primate e pastore, mettendo sulle sue spalle la grande responsabilità di preservare l’Ortodossia in Ucraina».
Infatti, «Vladyka Volodymyr accettò la croce con umiltà e la portò per ventidue anni con mitezza e forza d’animo, in un periodo difficile di formazione dello Stato ucraino. Più di una volta, vortici e tribolazioni di questo mondo si sono innalzati contro la Chiesa ucraina, minacciando di far affondare la nave della Chiesa, ma ogni volta la sua mano ferma ha mantenuto la rotta della nave, aiutando la Chiesa a rimanere invincibile e unita». Uno dei principali meriti del defunto gerarca è stato quello di «salvare l'unità della Chiesa. Egli ha lavorato con pazienza e saggezza per costruire la Chiesa ucraina, proteggerla dallo scisma, tenere uniti i vescovi, il clero e i fedeli», - scrive nel suo messaggio di cordoglio Sua Santità il Patriarca Kirill, che negli ultimi quarantanove anni ha avuto rapporti buoni e cordiali con il defunto gerarca, in particolare durante gli anni in cui è stato Primate nella città madre di tutte le città russe, l’antica Kiev.
«Il defunto arcipastore ha dato un enorme contributo alla vita di tutta la nostra Chiesa, prendendo a cuore tutti i suoi dolori e le sue gioie. Vorrei sottolineare, in particolare, il suo ruolo nel mantenere uniti i gerarchi del Patriarcato di Mosca durante il Concilio Locale della Chiesa ortodossa russa nel 2009, dopo la scomparsa di Sua Santità il Patriarca Alessio II... Egli è stato rispettato in tutto il mondo ortodosso. I Primati e i gerarchi di tutte le Chiese ortodosse lo hanno tenuto in grande considerazione per la sua fermezza nel mantenere l'unità ecclesiale e la verità canonica...».
Pertanto, «la sua scomparsa è una grande perdita per tutta l’Ortodossia e, soprattutto, per la Chiesa della Santa Rus’», - spiega nel messaggio il Primate della Chiesa russa.
Ora la responsabilità che attende il nuovo metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina non è mai stata così grande come in questo periodo, a causa del persistere del cosiddetto uniatismo in terra ucraina, che resta davvero una ferita sul corpo del cristianesimo universale soprattutto dopo i recenti avvenimenti in Ucraina.
I prossimi due anni saranno molto importanti per la Chiesa russa e per tutta l'Ortodossia: nel 2015 sarà celebrato il millesimo anniversario del riposo del santo principe Vladimir, il Battista della Rus', e nel 2016 sarà indetto il Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa, che si terrà ad Istanbul.
Intanto, nella città di Vladimir, la seconda capitale della Rus' dopo Kiev, è stato fondato il tempio in onore di san Vladimir, la cui prima pietra è stata già benedetta dal Patriarca di Mosca e di tutta la Rus'. L'iniziativa ha un significato storico molto importante in quanto si riferisce al periodo in cui la Rus' comprendeva i popoli presenti nei territori che si estendevano dai mari del nord a quelli del sud, da Occidente all'Estremo Oriente russo, «dove oggi sono venerati gli stessi santi, ci sono le stesse tradizioni e lo stesso sistema di valori radicati nei cuori del nostro popolo», - ha ricordato il Patriarca durante la cerimonia di benedizione della posa della prima pietra del tempio, riferendosi in particolare a chi oggi vuole distruggere questa comunità storica e il legame spirituale tra Kiev, Vladimir e Mosca, come la Chiesa greco-cattolica in Ucraina.
Come ha avuto modo di sottolineare più volte il Primate della Chiesa russa, il seme della fede nella Santa Rus' è stato gettato nei primi anni del cristianesimo, quando l'apostolo Andrea, dopo aver posto una croce sulle colline di Kiev, si diresse verso il Nord della Russia, sul lago di Ladoga, dove pose una croce sulle montagne di Valaam e dove oggi è stato inaugurato un monumento in onore di questo Apostolo, il Primo chiamato.
Se queste sono le origini della fede nella Santa Rus', alla Chiesa ortodossa russa e al popolo russo si deve il merito di aver difeso con enormi sacrifici e perdite di vite umane l'identità ortodossa che la Rus' di Kiev aveva acquisito nel 988, dopo il battesimo del principe Vladimir nella città di Khorsun', l'odierna Sebastopoli, in Crimea.
La Russia ha saputo difendere nel corso dei secoli la purezza della fede ortodossa, al contrario di chi invece l’ha esposta a continui contrasti e conflitti a causa della propria debolezza, com'è accaduto a Costantinopoli, capitale dell'Impero d'Oriente, e a Kiev, la città madre di tutte le città russe, quando furono saccheggiate e distrutte, la prima dai Crociati nel 1204 e dai turchi ottomani nel 1453, e la seconda dai mongoli nel 1240.
Importanti in tal senso furono l’opera di san Sergio di Radonež (1314-1392), di cui si celebra quest'anno il 700° anniversario della nascita, e l'atto di conferimento nel 1589 del titolo di Patriarca al metropolita di Mosca da parte di tutto il mondo ortodosso, compreso quello greco. Il documento del Patriarca ecumenico, che giustificava questa elevazione di grado, conteneva un’esposizione della teoria del passaggio dell’impero da Costantinopoli a Mosca.
Per questo, nel consacrare la restaurata chiesa di san Pietro a Mosca, dedicata al metropolita che spostò la sede episcopale da Vladimir a Mosca, il Primate della Chiesa ortodossa russa ha presentato in dono al tempio un'antica icona di sant'Ermogene (1530-1612), nella quale il santo è raffigurato con il pastorale di san Pietro. Un gesto altamente simbolico se si pensa che quando fu Patriarca di Mosca e di tutta la Rus', il santo respinse con tutte le sue forze, fino alla morte, l'introduzione del cattolicesimo in Russia durante il Periodo dei Disordini (1598-1613).
Con la sua azione di appoggio all’opera del gran principe Dmitrij Donskoj nella famosa Battaglia di Kulikovo (1380) contro l’Orda d’Oro, e con l’innalzamento del livello morale del suo popolo, san Sergio di Radonež ha contribuito in larga misura al rafforzamento ideologico del suo Paese; permise alla Russia di riacquistare una coscienza nazionale in grado di aiutarla a ribellarsi agli invasori esterni e ad assurgere a grande potenza. Per questa sua opera è chiamato Igumeno della Terra Russa.
L'icona della Madre di Dio del Don che San Sergio consegnò al principe Dmitrij prima della battaglia, è venerata dal popolo russo come Protettrice della Patria: a Kulikovo, infatti, la difesa della cristianità si fuse con la questione nazionale della Rus’ e con la questione politica di Mosca grazie all'opera dell'abate di Radonež, che fu pronto a rendere giustizia alle esigenze della nazione e della disciplina ecclesiastica, ma allo stesso tempo non permise mai a queste esigenze di compromettere la sua convinzione, che l’essenza della vita cristiana risiede nella santità e nella purezza del cuore umano.
Egli era consapevole dell'importanza del ministero della Chiesa per garantire l'opera salvifica di Dio e quindi dopo la sua morte, all'ideale di povertà seguì la necessità per la Chiesa di avere risorse materiali al fine di darle al popolo. Mai questa necessità prevalse sulla purezza della fede. Nemmeno durante il periodo di ateismo nel XX secolo, quando le proprietà della Chiesa furono confiscate. In quegli anni governò la Chiesa russa dopo il ripristino del Patriarcato di Mosca, san Tikhon, Patriarca di Mosca, Confessore e illuminatore del Nord America (1865-1925), le cui reliquie sono custodite nel monastero Donskoj. Egli fece molto per il rafforzamento della fede nei difficili anni della persecuzione e della prova. La sua vita e il suo ministero si possono riassumere in queste sue parole: «Che Dio insegni a ognuno di noi a lottare per la Sua verità». In Ucraina... e in America Latina.

Icona Icona della Madre di Dio del Don (XIV secolo)