Relazione contenitore-contenuto invertita. I buchi neri del pensiero. La parola al prof. Bruni
Si è svolta sabato 6 giugno la seconda delle cinque “Giornate di studio” organizzate dall’Associazione Psicoanalitica Abruzzese – Istituto di Psicoterapia Psicoanalitica “Marco Levi Bianchini - Sergio De Risio” della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “G. D’annunzio” di Chieti. L’incontro ha visto la partecipazione del prof. Alessandro Bruni, psicologo psicoterapeuta, specializzato in criminologia clinica, che ha trattato il tema: “Relazione contenitore-contenuto invertita (-♀♂)”. I lavori sono stati introdotti dalla prof. Raffaela Arban. Ha moderato il successivo dibattito, la prof. Maria Orlando Scati, membro ordinario e didatta dell’Associazione Psicoanalitica Abruzzese.
Il prof. Bruni ha collaborato per alcuni anni con Wilfred Bion, psicoanalista britannico, studioso assai noto e discusso, figura di spicco della ricerca psicoanalitica, artefice di importanti elaborazioni della teoria psicodinamica della personalità, tali da istituire un filone “bioniano” della moderna psicoanalisi, che grazie anche ai suoi contributi, decorrendo dal fondamento freudiano, estende i contenuti teorici e metodologici all'area delle psicosi - particolarmente della schizofrenia - e ai fenomeni di gruppo: « Scarta la tua memoria, scarta il tempo futuro del tuo desiderio; dimenticali entrambi in modo da lasciare spazio ad una nuova idea. Forse sta fluttuando nella stanza in cerca di dimora un pensiero, un'idea che nessuno reclama».
Nell’ambito del concetto di identificazione proiettiva, elaborato da Melanie Klein e presentato dal prof. Bruni, è inclusa la fantasia che il bambino possa proiettare nella madre alcune parti indesiderate e che tali parti possano essere successivamente reintroiettate, dopo essere state disintossicate nel soggiorno dentro di essa. Da questo modello Bion ha ritenuto utile astrarre l’idea più generale di una relazione tra un oggetto che funge da contenitore ed un oggetto che può in esso esservi contenuto (Bion 1962). Questa relazione è denotata dal segno grafico ♀♂. Il vantaggio di questa astrazione è quello di poter disporre di un operatore più versatile e generale capace di rappresentare molte realizzazioni della vita psichica, nell’apparato mentale individuale, nelle relazioni di coppia e nella vita dei gruppi. Associato ad un contesto di benignità, il grafo può rappresentare, oltre alla suddetta capacità di reveriè materna nei confronti del bambino, anche la conseguente capacità del bambino di assimilare al suo interno le funzioni del pensiero, e più oltre, il pensare che contiene i pensieri e i pensieri che contengono il pensare, le parole che contengono le cose, la mente che contiene il corpo, la relazione di crescita tra il gruppo e l’individuo e così via.
Nelle prime formulazioni Bion ha proposto tre declinazioni possibili di questa relazione. La prima, denominata “conviviale”, denota una situazione di convivenza latente tra contenitore e contenuto, con una scarsa interattività reciproca. La seconda, denominata “parassitaria”, descrive un’interazione polarmente opposta alla prima, in cui il ♂ minaccia di distruggere il ♀ o viceversa, o in cui ♀ e ♂ si parassitano a vicenda fino a portare la relazione verso un rischio di rottura. La terza declinazione, denominata “simbiotica” (nell’etimo biologico), rappresenta invece uno sviluppo benigno ed evolutivo in cui ♀ e ♂ si accoppiano, interagiscono, si accrescono entrambi ed evolvono con mutuo beneficio e con sviluppo di pensiero simbolico. In questo lavoro mi occuperò viceversa di una quarta formulazione, appena accennata in alcune righe di “Apprendere dall’esperienza” (Bion 1962) e designata come – ♀♂, e che io ritengo si possa denominare “invertita”. Questa quarta configurazione denota in modo astratto quegli stati in cui l’elaborazione dell’emozione sortisce un esito fallimentare, per costituzionale intolleranza alla frustrazione del bambino, per difficoltà di reperire della madre e dell’ambiente o per entrambi i fattori. La funzione simbolica del pensiero non può costituirsi così in senso ordinario e le parole non riescono ad acquisire il loro potere di rappresentare e contenere le cose. Come conseguenza, le cose e le emozioni ad esse connesse restano presenti nella mente come oggetti “talamici” molto concreti e persecutori, in quanto poco assimilabili dalle funzioni del pensiero. Nel tentativo di sbarazzarsi di questi oggetti, il soggetto si ritrova quindi costretto ad un abuso iperbolico dei meccanismi difensivi primitivi come la scissione, l’evacuazione e l’identificazione proiettiva massiccia.
In uno sviluppo più normale, la parte non-psicotica della personalità è in grado di affrontare la scomparsa e l’assenza di un oggetto del mondo reale, ad esempio del “seno reale”, instaurando un corrispondente oggetto interno più o meno benigno, fissato da un elemento corticale linguistico, in questo caso “l’idea di seno”, che ne sancisce l’esistenza permanente nel mondo mentale interiore. Nello sviluppo psicotico, viceversa, non ci si può liberare facilmente dell’oggetto scomparso che assume in realtà presenza e connotati persecutori, se non con tentativi continui di distruggerlo in una spirale che lo rende però in realtà sempre più intollerabile e che contemporaneamente indebolisce e depaupera il soggetto stesso.
L’abuso fallimentare dei meccanismi primitivi di difesa sugli oggetti persecutori reifica come risultato finale quella che Bion chiama una “forza invidiosa che toglie esistenza agli oggetti” rappresentata dal simbolo grafico “←↑” (W.R.Bion 1965) che ha il significato, in relazione alla griglia da lui costruita, di far retrocedere la qualità del materiale psichico verso la casella A1, la zona più primitiva del pensiero.
La qualità dello spazio mentale che si configura nella psiche in questo tipo di evoluzione “negativa”, è quella di un non-luogo pieno zeppo di “buchi neri”, oggetti scomparsi, collassati ed incistati capaci di oscurare e fagocitare le funzioni mentali, ma allo stesso tempo minacciosamente capaci di restituire esplosivamente voracità, invidia e distruttività, nel momento in cui vengano intercettati da una coscienza divenuta sufficientemente capace di sopravvivere alla loro forza implosivo-esplosiva. Ciò spiega come la possibilità di “pensare” questi oggetti all’interno del circuito relazionale analitico non possa evitare l’attraversamento, nel vissuto del paziente e dell’analista, di stati di allucinosi dovuti alle sollecitazioni deformanti a cui è sottoposta la parte non-psicotica della personalità nell’impatto con tali oggetti. Bion sottolinea che questi meccanismi psicotici sono presenti e devono essere stanati ed analizzati anche in pazienti nevrotici di una certa gravità. Per designare le figure sintomatiche di contenimento che appaiono in queste situazioni di inversione del processo di simbolizzazione, Bion ha proposto per l’appunto la declinazione invertita del grafo che denomina -♀♂ (W.R. Bion 1962).
A differenza di ♀♂, -♀♂ denota una situazione pseudo-egoica, di impoverimento del significato e del senso comune, di devitalizzazione delle emozioni, di arresto della crescita e di preminenza di qualità morali di natura super-egoica. Per mostrare l’utilità di questo grafo nella comprensione di problematiche cliniche, è necessario riprendere l’idea più generale di Bion che la parte psicotica della personalità abbia bisogno della presenza materiale di oggetti reali per poter “pensare”.
Per ricapitolare: laddove c'è una falla nella normale capacità corticale di pensiero simbolico che consente di pensare i pensieri ed esperire gli affetti pur in assenza degli oggetti, allora il soggetto ha bisogno della presenza fisica dell’oggetto reale ed utilizza la sua gestalt percettiva come contenitore talamico “invertito”. Allora le “cose” nella loro “nouminosità”, ma anche gli organi e le funzioni del “soma” possono fungere da contenitori di pensieri ed emozioni non altrimenti pensabili, di là da venire, detenuti in uno stato di sequestro e devitalizzazione, e di cui si teme una pericolosa (ri)-apparizione.
Il campo di repere di questa “materia per pensare” è fornito dall’innervazione che collega il S.N.C. con l’esterno e con l’interno del corpo, sia sensoriale che motoria, sia volontaria che involontaria. Per quel che riguarda l’esterno, si tratta di engrammi sensoriali estero-cettivi prodotti da stimolazioni reali. Per quel che riguarda l’interno corporeo, si tratta di sensazioni proprio-cettive ed entero-cettive connesse a stati sintomatici organici e funzionali, ad esempio malattie d’organo, disturbi neuro-vegetativi, ritmi, tensioni posturali, azioni ripetitive (Soavi 1988), disturbi e perversioni degli apparati neuro-fisiologici, come quello respiratorio (De Toffoli 1988), quello digestivo (Bollea 1990) e quello uro-genitale (Micati 1988). Una considerazione di cui a mio parere non si tiene sufficientemente conto in ambito metapsicologico, è l’evidenza neuro-psicologica del fatto che, per il sistema nervoso centrale (S.N.C.), il soma rappresenta un ambiente interattivo “esterno”, in modo analogo al mondo esterno vero e proprio, anche se con le dovute differenze. Come l’organismo intero è “immerso” nel mondo circostante, così il S.N.C. è “immerso” nel soma, anche se con libertà di movimento decisamente inferiore. Mentre possiamo scappare fisicamente da un luogo che non ci piace, non possiamo scappare allo stesso modo dal corpo che ci ospita. Tuttavia se pensate alle anestesie somatiche o alla sensazione di estraneità che alcune persone vivono nei confronti del proprio corpo, potete vedere che esistono per la mente altre vie di fuga oltre a quelle fisiche. Il S.N.C., dunque, ha relazioni con due ambienti “esterni”, l’universo circostante ed il soma. Con entrambi mantiene relazioni biunivoche attraverso le vie sensoriali (centripete) e quelle motorie (centrifughe). E’ importante ora notare che per Bion gli organi di senso funzionano per così dire in due direzioni: attraverso di essi la parte non psicotica della personalità può “ricevere” informazioni, mentre la parte psicotica può utilizzarli per “evacuare” elementi beta, cioè imput non elaborati e non utilizzabili per le funzioni del pensiero ordinario. Da un punto di vista delle neuro-scienze, bisogna dire che questa “metafora dell’evacuazione”, molto utile sul piano clinico nel lavoro con pazienti psicotici, merita una disanima più attenta. E’ evidente che da un punto di vista oggettivo gli occhi, ad esempio, non evacuano proprio nulla. In ambito neuroscientifico, il modello andrebbe ridefinito nel senso che l’evacuazione è un processo interno che, a livello talamico, si interseca e si sovrappone alla normale appercezione degli imput provenienti dal mondo esterno e dal soma e, riconfigurandoli, li utilizza come contenitori proto-mentali invertiti.
Per illustrare il potere euristico di questo concetto di Bion, il relatore ha presentato alcuni esempi clinici ed alcune modellizzazioni intese come realizzazioni del concetto: “Acchiappafantasmi”, “Tossicodipendenti”, “Vis-a-vis”, “Pause”, “Capacità – ♀♂ del gruppo analitico”, “Oggetti zombie”, “Fobie dello spazio e attacchi di panico”, “Apparati fisiologici ed erotismi”.
Nel concludere la sua relazione, Bruni ha citato il libro “La rete della vita” di Fritjof Capra, e ha invitato l’uditorio a prestare attenzione alle nuove prospettive della scienza: la teoria della complessità e l’autopoiesi. L’autore del libro, non scientifico ma a carattere divulgativo, delinea un nuovo pensiero che vede nella natura e negli esseri viventi non entità isolate, ma sempre e comunque “sistemi viventi” dove il singolo è in stretto rapporto di interdipendenza con i suoi simili e con l’intero sistema. La somma di queste relazioni, che legano gli universi della psiche, della biologia e della cultura è una rete: la rete della vita.
Questo è il futuro che ci attende.
Bibliografia
Bion W.R.(1962) “Apprendere dall’esperienza”. Armando. Roma, 1972
Bion W.R.(1965) “Trasformazioni. Il passaggio dall’apprendimento alla crescita”. Armando. Roma, 1973
Bollea E. (1990) “Considerazioni sul trattamento psicoanalitico dell’anoressia mentale”.Comunicazione al C.P.R. di Roma.
Bruni A. (1985) “Il gruppo che non c'è: un ripensamento sulla separazione”. Gruppo e Funzione Analitica. 1985
De Toffoli C. (1988) “Trasformazioni del dolore mentale e vicissitudini del respiro in un frammento di relazione analitica”. Rivista di Psicoanalisi. 1988
Funari E. (1988) “Organizzazioni difensive precoci e strutture fusionali”. Congresso S.P.I.1988
Micati L. (1988) “Sulla sessualità femminile: osservazioni sulle forze che ne ostacolo lo sviluppo e sulla loro risoluzione”. Rivista di Psicoanalisi. Gen-Mar 1988
Pribramk M.K. (1971) “I linguaggi del cervello”. Franco Angeli Editore
Soavi G.C. (1988) “Il mito dell’eterno ritorno e la sua importanza nella strutturazione del Sé”. Congresso S.P.I. 1988 Relazione contenitore-contenuto invertita (-♀♂)
Chieti - Il prof. Alessandro Bruni durante la sua conferenza
Melanie Klein è stata una psicoanalista austriaca- britannica, nota per i suoi lavori pioneristici nel campo della psicoanalisi infantile e per i contributi allo sviluppo della teoria delle relazioni oggettuali; è ritenuta tra le personalità più decisive e influenti del movimento psicoanalitico
W.R. Bion