L'idea di Patria nella poesia russa del '900. Un tema quanto mai attuale nel panorama internazionale

L'idea di Patria nella poesia russa del '900 è solo una delle chiavi possibili per descrivere la burrascosa storia di questo Paese e l'amore che il popolo russo nutre per la sua terra.
Il '900 è stato un secolo cruciale per le sorti della Russia: la Rivoluzione d’Ottobre con il suo carattere sanguinoso e violento, la Grande Guerra Patriottica, la Russia Sovietica con la cultura di massa e il soffocamento di tutto ciò che era individualismo e, infine, il crollo dell'URSS nell'agosto del 1991 e la nascita della nuova Russia, con il vento dei cambiamenti democratici e il difficile cammino verso la costruzione di una nuova società. Nel corso di tali eventi il popolo non ha mai esaurito la riserva creativa di energie e di idee, ha superato mille difficoltà continuando a credere nella propria terra, nel suo risorgere, nel suo avvenire.
I russi hanno un sentimento diverso della terra rispetto agli occidentali semplicemente perché «diversa» è la loro terra. La Russia è definita un gigantesco Oriente-Occidente: essa unisce in sé due mondi. Secondo il filosofo russo del '900 Nikolaj Berdjaev c'e una quasi corrispondenza fra la geografia fisica e quella spirituale di questo Paese: nell'anima russa vi è la stessa incommensurabilità, immensità, tensione all'infinito della pianura russa, di questi spazi enormi essa non conosce la misura e spesso cade in eccessi, ha un carattere indeterminato volto all'infinito».
Questo spiega il carattere contraddittorio del popolo russo, i suoi tratti antitetici: da una parte esso ha bisogno di un forte potere dello Stato, risente della necessità di essere governato e guidato; dall'altra, rispecchiando le sconfinate distese, tende verso l'infinito, verso la libertà. Tutto questo ha trovato riflesso nelle melodiche e melanconiche canzoni popolari, che rappresentano una delle più alte espressioni del culto religioso e patriottico.
La letteratura russa del '900 ha dato vita a una poesia eccelsa. Questo periodo fu battezzato dai critici della letteratura come «secolo d'argento», caratterizzato da un vero caleidoscopio delle correnti letterarie: simbolismo, acmeismo, futurismo, immaginismo.
L'inizio del XX secolo fu dominato, in particolar modo, dal simbolismo. I simbolisti si consideravano una corrente nuova, in conflitto con i rappresentanti della vecchia letteratura.
I poeti simbolisti, con la loro peculiare sensibilità, sentivano che la Russia stava precipitando verso l'abisso e che la vecchia cultura russa aveva ormai fatto il suo tempo: dalla sua caduta doveva sorgere una Russia e una cultura nuove.
Verso il 1917, all'alba di una guerra perduta, tutto era maturo per la rivoluzione. Accadde ciò che molti intellettuali prevedevano e presentivano. La rivoluzione comunista voleva portare a tutto il mondo il benessere e la liberazione dall'oppressione ma finì per annientare ogni libertà. Il significato principale fu il risveglio e l'emancipazione delle enormi forze del popolo.
Pochi poeti accolsero entusiasticamente la rivoluzione, facendosene portavoce. Fra questi uno dei maggiori rappresentanti del futurismo russo fu Vladimir Majakovskij. Egli si formò come poeta anteriormente alla rivoluzione russa, questo fu il suo periodo migliore da cui scaturirono opere letteralmente straordinarie.
Diversamente da Majakovskij, nell'opera di Sergej Esenin, appartenente alla corrente dell'immaginismo, non ci furono riferimenti alla realtà politica. Esenin fuse in maniera del tutto naturale nella sua ideologia contadina, intrisa di cristianesimo, gli eventi storici della Madre Patria. Grazie alla sua poesia, dal ritmo fluido e dalla profonda musicalità, Esenin s'impose nel panorama letterario russo quale uno dei più grandi cantori della terra natia.
Dal primo attacco dell'artiglieria tedesca sulla frontiera sovietica il 22 giugno del 1941 si aprì una pagina nuova, la Grande Guerra Patriottica, e scaturì il motivo dominante della poesia degli anni di guerra: «In piedi, immenso paese, / Sii pronto alla lotta mortale / Con la cupa potenza fascista, / Con l'orda stramaledetta!». Questa fu per il Paese, durante i 1418 giorni di sangue, la triste verità.
La nozione di Patria divenne il tema principale dei poeti durante la guerra e gli anni successivi: «... Se non vuoi lasciar prendere / Dal Tedesco dal nero fucile / Casa, madre e tenera sposa, / Tutto ciò che Patria chiamiamo...» (Konstantin Simonov). Questo tema oggi è diventato quando mai attuale sullo sfondo degli eventi internazionale che stanno caratterizzando questo inizio del XXI secolo.
Mosca oggi è in grado di neutralizzare qualsiasi attacco, anche nucleare, proveniente dagli Usa e dalla Nato. Al vecchio arsenale atomico sovietico sono stati aggiunti armamenti midiciali, capaci di annullare qualsiasi attacco aereo e missilistico. Armi strategiche che verrebbero prontamente impiegate per difendere la Federazione Russa se anche l'Ucraina dovesse passare alla Nato, disintegrando l’ultimo residuo diaframma di sicurezza rappresentato dalla «shatterbelt», zona-cuscinetto che la separa dalla Germania.
I missili balistici intercontinentali russi armati di testate multiple Mirv viaggiano a una velocità di circa 18 Mach: sono fondamentalmente imbattibili, perché assai più veloci di qualsiasi cosa presente nell’arsenale Usa.
Recentemente, è stato eseguito con successo il lancio di prova del missile Bulava.
L'alleanza tra Russia, Cina e India, poi, è il maggior fattore di cambiamento di gioco nella storia eurasiatica. Pechino sta investendo massicciamente in sistemi di rimbalzo laser satellitare, in missili in grado di colpire i satelliti, sottomarini silenziosi che emergono accanto a portaerei Usa senza farsi rilevare.

Statua Statua della Madre Russia a Volgograd (Russia europea)