Maria, lo Spirito Santo e la santità. Una riflessione ortodossa. Articolo scritto da Padre Vladimir Zelinskij
Il nome di Theotokos
La devozione “mariologica” ortodossa è concentrata piuttosto nella contemplazione del mistero della maternità divina, il mistero vissuto e celebrato da tutta la Chiesa. Il nome della Madre di Dio esprime l’incontro definitivo e l’unione incomprensibile del Dio Vivente con la Sua creatura. Ma il nome di “Theotokos” non è minimum dogmatico della “mariologia come scienza”, ma è il cuore della visione di Maria o della “sapienza mariana”, che trova qui la sua formula trasparente ed inesauribile. Per questo Maria come Genitrice di Dio può diventare anche la Madre nel senso soteriologico e spirituale per tutti gli uomini. Lei rimane per noi portatrice del Cristo e “soggiorno” dello Spirito Santo in tutta la storia e per tutta l’eternità.
Ma il nome “Theotokos” è anche apofatico. Troviamo qui tutta la verità sulla maternità divina; la verità “ripiegata” nel silenzio, avvolta nella non-conoscenza, riempita dallo Spirito. Lo Spirito celato nel nome della Madre di Dio “sviluppa” questo silenzio nella parola e nella luce. La luce, quella della conoscenza e quella del cuore, che proviene dalla maternità di Maria continua a vivere e crescere nella Chiesa e si manifesta prima di tutto nella storia della santità, spesso vissuta accanto a Lei. Nell’esperienza esistenziale, vivente dai santi, Maria si presenta come “mediatrice” dello Spirito. Lo Spirito Santo nella Sua “avventura umana”, lascia che svolga la verità su Maria e di Maria nel miracolo della santità, nella memoria comune del Popolo di Dio dove la parola “Theotokos”, salvaguardando il suo nucleo iniziale e conciliare, si riempie con i nuovi sensi che provengono dalla vita colmata dalla “presenza reale” della Madre nell’esperienza vivente della Chiesa. In ogni santo in cui questa esperienza viene fuori la presenza di Maria è confermata e riconosciuta di nuovo. Questa presenza è un linguaggio dell’amore divino che parla con l’anima nel silenzio ma che cerca anche la sua espressione nella lode e nella confessione della fede. L’arte della preghiera liturgica è quella dell’incontro nello Spirito e del riconoscimento. Il cuore (dell’ uomo, della comunità o della Chiesa) riconosce le diverse sfaccettature della gioia di amare o di essere amato dalla Madre di Dio, di cantare la fede con Lei o semplicemente di essere vicino a Lei. Nelle diverse forme della preghiera ecclesiale (liturgia, vespro, mattutine, acatisti ecc.) le definizioni o piuttosto le visioni spirituali di Maria si moltiplicano nel gaudio e nella meraviglia. Nella preghiera liturgica noi sentiamo di essere dentro il fiume della conoscenza che non indurisce nei dogmi, ma che ha il suo valore proprio nella colata delle confessioni della fede come stato d’animo. Dogmaticamente questa colata prende la sua origine nell’unica definizione di Maria, “riconosciuta” e lodata come Theotokos e torna alla stessa sorgente. Ma la sorgente “celata” di questo riconoscimento è sempre lo Spirito Santo.
Perciò la preghiera che nasce nel seno della Chiesa, crea anche la sua verità vissuta e “provata” nella Chiesa. Certo, non ogni parola della nostra pratica liturgica può pretendere alla verità definitiva. A volte essa esprime nientr’altro che la nostra ricerca, la nostra intuizione o congettura, uno slancio dell’anima. Ma anche in questo caso, quando la ricerca è condotta sulla scia dello Spirito, la preghiera porta la sua testimonianza della verità non ancora completamente scoperta, la verità della “visione confusa” (1 Cor.13,12), propria dell’uomo, che a sua volta “realizza” nella comunità orante il momento della verità nello Spirito. Quindi la “mediazione” di Maria ha sempre un aspetto pneumatologico. Prima di tutto ogni dogma è come impronta dello Spirito Santo sul pensiero umano. La definizione di Maria come Madre di Dio è già un atto dell’autocoscienza della fede ecclesiale e una manifestazione dello Spirito, la Sua icona dogmatica. La nascita del nome è paragonabile al concepimento della Parola. “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo” (Lc.1,35). Ma lo Spirito scende anche per dare la vita alla Parola nella nostra anima, cioè alla fede. “Da questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio” (1 Gn., 4,2). La fede è il frutto della discesa dello Spirito, e Maria è per sempre immagine iniziale della fede, l’icona della fede stessa. In altre parole: se la fede cristiana ha un volto, illuminato dallo Spirito, è quello di Maria, icona della Chiesa.
“Corona dei dogmi”, Ella progetta luce sul mistero trinitario riflesso nell’umano: “Tu hai partorito il Figlio senza padre, questo Figlio che era nato dal Padre senza madre” (il dogmatico, tono terzo). Alla paternità del Padre nel divino corrisponde la maternità della Theotokos nell’umano; immagine della verginità materna della Chiesa. Ed è Cipriano ad esclamare: “Non può avere Dio per padre colui che non ha la Chiesa per madre” (1).
Maria, la Madre
La radice della venerazione di Maria è centrata nella fede e nell’amore verso il Suo Figlio, “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv.1,9). In mezzo agli uomini la luce assume la sostanza “materiale” di questo mondo. E la sua prima “materia” fu la carne della sua Madre, piena dello Spirito. La luce arriva come mistero oscuro ed insondabile, come messaggio, come Buona Notizia, come Persona, come Volto di Cristo tornato a noi, ma anche come purezza della Vergine, tenerezza e protezione, intercessione e amore. Tutte queste sono le “sostanze” della Parola (o “impronte” dello Spirito) che entra nell’anima e nel senso primordiale si fa carne nell’anima come nella Chiesa.
“Ogni anima che crede, concepisce e partorisce il Verbo di Dio, secondo la fede. Il Cristo è il frutto e noi tutti siamo madri del Cristo”, dice san Massimo il Confessore (2).
Secondo le parole del P. Serghij Bulgakov, la maternità di Maria illumina l’aspetto materno della rivelazione.
La rivelazione della maternità di Dio è un altro volto del Suo amore. Nella nostra più intima, più profonda vita con Dio c’è un rapporto segreto fra il Figlio e la Madre, la Parola e il silenzio, fra la fede fissata e tenuta nelle formule conciliari e il mistero, nascosto nella fonte stessa della fede. Questo rapporto è essenziale ed anche sapienziale. Dalla Parola andiamo al silenzio, da Cristo a Maria, dalla Chiesa all’anima e torniamo indietro perché lo Spirito della verità unisce queste realtà in sè come qualche cosa di inseparabile ma anche di distinto. Il Padre stesso manda il Suo Spirito “che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori” (Ef.3,17) e Gesù diventa concepito nei nostri cuori per mezzo della maternità di Maria. In Maria ogni cuore che “vive mediante la fede” (Rom.1,17) diventa dimora della Parola.
“Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc.8,21). Guarda, commenta San Simeone il Nuovo Teologo, tutti coloro, che ascoltano la Sua parola, Egli li fa salire all’altezza di Sua Madre e li chiama fratelli e Suoi parenti” (4).
Questo legame fondamentale fra Maria e la fede, fra Maria e la maternità di Dio stesso, come anche fra Maria e la Chiesa, porta in sè la saggezza nascosta della fede. Questa fede radicata nella SS. Trinità che ci ricorda sempre che la sua sorgente è Cristo, il suo “soggiorno” è nello Spirito e il suo grembo in Maria. Tutti i credenti hanno Maria come Madre e Cristo come fratello, ma questa maternità e questa fratellanza si aprono solo nel volto della santità, cioè nella rivelazione dello Spirito. C’è un vincolo profondo ed invisibile nello Spirito fra l’esperienza della santità dei santi (“che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica) e la venerazione di Maria.
“Il cuore dell’ortodossia (soprattutto dell’ortodossia russa), forse, non si è mai espresso così pienamente, come nella venerazione della Madre di Dio e dei santi” (4). Il volto “ortodosso” di Maria ha tante espressioni che si trovano in una correlazione permanente: Maria-prottetrice, Maria eucaristica, e Maria-Sapienza ecc. Queste come le altri immagini della Madre di Dio sono anche icone dello Spirito. Maria è colei che ci accompagna, che ci protegge da tutto ciò che minaccia la nostra vita sulla terra, ma anche quello che minaccia la salvezza della nostra anima: il Tribunale del Signore ci aspetta e “sotto la protezione della tua misericordia noi ci rifugiamo, Madre di Dio...”, come dice l’inno del III secolo, cantato spesso durante le celebrazioni, o “non abbiamo un altro aiuto, non abbiamo un’altra speranza, tranne Te, o Sovrana...” come dice uno degli innumerevoli inni ortodossi più recenti indirizzati a Maria, perché Lei ci avvolga nella santità.
Il mistero della protezione non si spiega, ma si chiarisce in un altro, quello dell’Eucaristia. Anche qui la Madre di Dio è presente “accanto” o mediante lo Spirito. Ma per parlare di “Maria eucaristica” dobbiamo ricordare che secondo la fede ortodossa l’Eucarestia è un’azione di Dio stesso. Il popolo di Dio si prepara a riceverLo, si raduna nella Chiesa, porta il pane e il vino, ma solo Dio può tramutare questi doni umani nel dono della Sua presenza. Il popolo invoca e prega per la Sua discesa ma il mistero della tramutazione è un atto della fede di tutta la Chiesa. E in questo atto la Chiesa si realizza, trova la sua propria “identità” come Corpo di Cristo e per la logica segreta della sua fede “si ritrova” in Maria che diede la vita umana a questo Corpo. Nell’atto eucaristico, nella comunione il Popolo di Dio radunato in Chiesa si tramuta nel Corpo di Cristo. La comunione con il Figlio nello Spirito Santo è rivolta a Dio-Padre e si svolge nella memoria di Maria, in cui la comunione perfetta, o l’unione con Dio, fu e rimane pienamente realizzata. Questa “memoria mariana”, ontologica, esistenziale, vitale, si rivela costantamente nella preghiera liturgica che segue immediatamente l’invocazione dello Spirito Santo sui doni nel tempo (che non è il nostro tempo astronomico) della consacrazione: “Facendo memoria della tuttasanta, intemerata, più che benedetta, gloriosa Sovrana nostra Deipara e Semprevergine Maria insieme con tutti i santi, noi stessi e gli uni gli altri e tutta la nostra vita a Cristo Dio affidiamo”.
Perciò il mistero dell’Eucarestia ha la sua immagine nel miracolo dell’Annunciazione. “Come può avvenire questo”, dice la santa Vergine, “giacché io non conosco uomo?” (Lc.1, 34). Risponde l’arcangelo Gabriele: “Lo Spirito Santo verrà su di Te e la potenza dell’Altissimo Ti adombrerà” (Lc.1,35). E ora domandi come il pane diventa corpo del Cristo e il vino e l'acqua sangue del Cristo. Anch’io dico a te: Lo Spirito Santo verrà e compirà ciò che è al di sopra di ogni parola e pensiero” (5).
Nel pensiero liturgico Maria è vista anche come incarnazione della gioia del creato, cuore dell’esultanza di tutto il creato che porta sempre nella Sua memoria il momento eterno quando la creazione fu proclamata dalla labbra del Signore, “la cosa buona”, quando ancora il peccato non l’aveva toccata. In Maria tutto il creato si ricapitola, torna alla sua bontà iniziale, sapienziale, quella dello Spirito.
“In Te gioisce, Colmata di grazia, tutto il creato, la compagine degli Angeli e la progenie degli uomini, o Tempio santificato e Paradiso razionale...” (La liturgia di San Basilio). Maria o piuttosto lo Spirito che abita in Lei ci fa vedere il mondo trasfigurato. Perciò, oltre la preghiera, una delle espressioni principali della sapienza della fede è quella dell’icona. L’icona è l’autentica voce di Maria, l’immagine di ciò che è stato veramente visto e vissuto dalla Chiesa. Il segreto dell’immagine è che essa proviene dal mistero dello Spirito alla luce della visione del Regno.
L’icona è un ricordo escatologico del quel Regno, immerso nello Spirito che Dio ci ha preparato, quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo....(1 Cor.2,9).
Queste cose si scoprono con amore e si danno a vedere nell’amore e l’icona cerca di vederle o almeno di presagirle. Indovinare o vivere vuol dire partecipare allo Spirito che unisce il passato con il futuro nel Verbo che si è fatto carne per abitare con noi. Ma dove il Verbo viene ad abitare, lo Spirito rimane per sempre. L’icona in sostanza deve divenire il luogo della Sua abitazione. Un volto rappresentato si “tramuta” in un’immagine autentica (come l’acqua fu tramutata nel vino a Cana di Galilea) per poter portare il messaggio dello Spirito; lo Spirito deve cambiare noi stessi, affinché anche in noi si apra lo spazio per ricevere lo Spirito stesso. In questo senso l’icona è un’arte ascetica. Pregare con le icone vuol dire entrare in dialogo interiore con l’immagine stessa - nel nostro caso quella di Madre di Dio - cioè con il Verbo che parla tramite il Suo silenzio, con lo Spirito che si manifesta nel volto umano . Ma per questo dobbiamo avere un volto umano dentro di noi dove lo Spirito può manifestarsi, e questa Sua discesa dà inizio al “combattimento interiore” che è la pratica quotidiana dei santi.
L’icona è una “teofania” che procede dalla fonte sempre nascosta della fede; essa serve come canale che fa discendere la grazia in noi. L’icona rende testimonianza di questa fonte con la luce che essa risveglia in noi, e con la quale caccia “la tristezza dei peccati”. La vera immagine di Maria è quella che risveglia la sapienza mariana velata nello Spirito.
“Il progetto” di Dio è quello di creare un uomo aperto a Lui stesso, trasparente per Lui stesso, un “essere deificato”. Questo progetto si realizza nella santità.
La “razza” di Maria
La santità nella visione ortodossa, se cerchiamo di esprimerla con la formula trinitaria, è anzitutto l’adozione nel Padre, la vita in Cristo, l’acquisizione dello Spirito Santo, ma anche la parentela con la Santa Vergine.
“Come Lui nacque primo nello Spirito Santo dalla Santissima Madre di Dio, e da Lui tutti i santi, così la Madre di Dio è la Madre di tutti santi, Signora, Regina e Padrona, e tutti i santi sono i Suoi servi... Loro sono i Suoi figli e perciò sono partecipi della purissima carne di Suo Figlio. Questa parola è vera, perché la carne del Signore è la carne della Sua Madre (6).
Uno che era davvero “carne della Sua Madre”, fu San Serafino di Sarov, uno dei più grandi mistici e santi russi. La figura di San Serafino porta in sè il suo segreto teologico. Egli conosceva non per sentito dire la presenza e la protezione di Maria: tante volte durante la sua vita, Ella stessa, circondata da molti santi, entrava nella sua cella (il fatto attestato da molti testimoni oculari), per parlare con lui o per guarirlo. In ogni momento della sua vita Ella gli era sempre vicino.
In San Serafino dire “vita” equivaleva dire “la preghiera”. La sua preghiera fu sempre “triadocentrica” e, secondo la tradizione ortodossa, con moltissime invocazioni mariane. San Serafino pregava il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ma sempre davanti ad un’immagine della Madre come se Ella dovesse portare la sua preghiera alla Santissima Trinità, come se Lei fosse mediatrice della sua supplica. Egli ha pregato per anni davanti alla sola icona chiamata “tenerezza” (“umilenie” - La Vergine con le mani conserte, con gli occhi abbassati e senza il Bambino divino) e davanti ad essa morì. Un giorno la Madre di Dio apparve a Serafino in compagnia di San Giovanni Teologo e degli altri santi. Rivolgendosi all’Evangelista definì il santo monaco come uno “della nostra razza” (o della nostra stirpe). La “nostra razza” o la “nostra stirpe” dei santi e della Madre di Dio era quella dello Spirito.
Il vero santo si trova in comunione più stretta con la Madre e con lo Spirito Santo, rimanendo totalmente nel cristocentrismo più assoluto. Perciò si può vivere con la preghiera di Gesù sulle labbra e rimanere santo dedicato alla Madre di Dio. Si può leggere un Vangelo ogni giorno, come san Serafino, e pregare solo davanti a un’immagine di Maria che contiene già tutto. Si può parlare dello scopo della vita cristiana come acquisizione dello Spirito Santo, essendo della “razza” della Santa Vergine, il “roveto ardente” dello stesso Spirito... Perciò tutti i doni dello Spirito e per primo quello della fede, sono portati o piuttosto “riempiti” da Maria, soprattutto nella vita dei santi. Ma la loro esperienza è come sigillata dal silenzio, perché “con la venuta dello Spirito Santo, secondo la confessione di Serafino, occorre essere in silenzio completo per sentire chiaramente tutte le parole della vita eterna che Egli ci porta in messaggio” (7).
Lo Spirito Santo scende nel seno di Maria per far nascere la Parola e rimane in Maria come beatitudine, come eterno silenzio del Padre. E la Parola di Dio parla a noi tramite questa beatitudine, pace e silenzio di Maria. “Ma lo Spirito Santo discende ancora sulla Vergine, nel giorno di Pentecoste; questa volta non per servirsi della Sua natura come strumento, ma per darsi alla Sua persona, per divenire strumento della Sua deificazione. La natura purissima che portò in Lei il Verbo è entrata in unione perfetta con la divinità nella persona della Madre di Dio. Se Maria rimane ancora nel mondo, se si sottomette alle condizioni della vita umana..., la Chiesa e l’universo intero hanno, fin d’ora, il loro compimento, il loro culmine personale che apre la via della deificazione ad ogni creatura” (8).
Il mistero della deificazione (ma anche quello del kénosis) si trova nella posizione privilegiata di Maria nei confronti della Santissima Trinità. Parliamo della maternità santa, dell’amore, della protezione, ma in Maria tutto questo è come i riflessi della luce della Trinità, riverberati nella trasparenza dell’essere umano. La luce propria di Maria è quella della trasparenza della natura umana che è stata creata con la grazia e rimane pienamente nella grazia. Perciò tramite la Sua anima possiamo vedere il mistero della Trinità stessa, riflettuta nell’esperienza dei santi. Maria è anzitutto la testimone, scelta e prediletta dal Padre per diventare la Sua testimonianza vivente e permanente fra gli uomini. Se il Figlio fa parte della Trinità, Maria è il Suo specchio. In Lei, tramite Lei, vediamo la Trinità non come “nel vetro oscuro”, ma nella luce della creatura senza peccato, che rivela il piano di Dio per l’umanità. “Il solo nome della Madre di Dio, dice S.Giovanni Damasceno, contiene tutto il mistero dell’Economia” (9).
Un incontro miracoloso si svolge nella figura della Madre come segno dell’incontro futuro e definitivo di Dio con tutta l’umanità creata per la salvezza. Così lo Spirito Santo che è “la persona nascosta” (10) diventa trasparente nel volto dell’umanità trasfigurata di Maria, nel corpo - mistico ed umano - di Cristo che è la Chiesa.
“Essendo mediatrice fra Dio e il genero umano, Ella ha fatto di Dio il Figlio dell’uomo; ma Ella ha reso gli uomini figli di Dio” (San Gregorio Palamas) (11).
ANNOTAZIONI
1. Pavel Evdokimov. L’Ortodossia, Bologna, 1981, pp.212-213.
2. San Massimo il Confessore. Capitoli sull’amore.
3. San Simeone il Nuovo Teologo. Trat. teologico 45, 9.
4. G. Fedotov. I versi spirituali. Mosca, 1994 (in russo).
5. Giovanni Damasceno, PG 94, 1140-1141.
6. Simeone il Nuovo Teologo. Trat. teologico 45, 9.
7. Il servo di Dio Serafim, Mosca, 1995, p.131 (in russo).
8. La teologia mistica della Chiesa d’Oriente, Il Mulino, Bologna, 1967, pp.185-186.
9. P.G. 94, 821 BC.
10. F. Kallistos Ware, The Orthodox Way, London 1979, p.120.
11. San Gregorio Palamas. Omelia 53.
Padre Vladimir Zelinskij
Annunciazione del Beato Angelico. Madrid, Museo del Prado