Russia - Usa ed Ue respingono migranti afghani

Mosca, 30 agosto 2021 – Migliaia di persone stanno tentando di lasciare l’Afghanistan. Oltre 2 milioni di profughi si trovano già nei Paesi vicini, ossia Pakistan e Iran. E l’Occidente preferirebbe indirizzare le prossime ondate nelle repubbliche confinanti con l’Afghanistan, ossia quelle dell’Asia centrale.
Americani ed europei non intendono accogliere gli sfollati. Ma questo approccio non piace a Mosca. Sputnik ha cercato di capire per voi quali saranno i flussi migratori che partiranno dall’Afghanistan nei prossimi mesi.

Migliaia di chilometri di frontiera

«Non vogliamo ingerire negli affari interni afghani e nemmeno coinvolgere le nostre forze armate in un conflitto tutti contro tutti. A mio avviso, infatti, è quello che accadrà nel Paese», così valuta la situazione in Afghanistan il presidente Vladimir Putin.
Tuttavia, non è possibile ignorare il caos che stanno lasciando dietro di sé le truppe della coalizione occidentale dato che questi eventi si stanno verificando proprio ai confini dell’ex Urss e l’Afghanistan potrebbe diventare un facile approdo per i fondamentalisti. Il Cremlino è ben conscio di questa possibilità.
«Stanno tentando di generare una escalation della situazione nelle nazioni confinanti e questo costituisce una minaccia diretta anche per la sicurezza del nostro Paese e dei nostri alleati. A questo si aggiungono i rischi legati al narcotraffico e al peggioramento del problema della migrazione irregolare», spiega il Presidente russo.
Nel Caucaso settentrionale è già stato necessario respingere gli attacchi di terroristi internazionali. E Putin è sicuro del fatto che, se non fossero stati sconfitti allora, «la tragedia che oggi si sta verificando in Afghanistan avrebbe interessato anche il nostro Paese».
E arrivare in Russia dall’Asia centrale non è affatto complicato: infatti, dalle repubbliche di quel territorio (ad eccezione del Turkmenistan) è possibile spostarsi in Russia senza visto. «Non vogliamo che finiscano di nuovo in Russia dei combattenti travestiti da profughi. Potrebbero essere migliaia, centinaia di migliaia o persino milioni. Il nostro confine è lungo migliaia di chilometri. I malintenzionati potrebbero prendere qualsiasi mezzo, anche un asino, e nascondersi nella steppa», sottolinea Putin.
Durante l’epoca sovietica le frontiere con l’Asia centrale erano ben protette. Negli anni ’90 il tratto frontaliero più lungo, quello tagiko, è stato sottoposto ad attacchi di parte afghana. I Mujaheddin tentarono di penetrare in territorio russo attraverso i posti di blocco dei frontalieri russi all’interno della repubblica conquistata con la guerra civile.
Oggi il Tagikistan è interessato da un afflusso di migranti e le autorità faticano a capire quanti esattamente ne siano arrivati. Ufficialmente Dushanbe non considera il movimento talebano* come il rappresentante legittimo del Paese confinante.
«Il Tagikistan non riconoscerà in quel Paese nessun governo che sarà formato mediante persecuzioni e oppressione, senza tener conto delle volontà del popolo afghano e, nello specifico, delle sue minoranze etniche», si legge nella dichiarazione rilasciata in conferenza stampa dal Presidente tagiko.
Nell’Afghanistan settentrionale vivono uzbeki, turkmeni e tagiki. La solidarietà con i connazionali non è di certo l’unico elemento degno di nota nella politica di Dushanbe. Infatti, il governo tagiko sta valutando la possibilità di ospitare 100.000 profughi, come ha dichiarato il vicepresidente della Commissione per le emergenze, Imomali Ibrohimzoda. Il numero non è definitivo, è oggetto di discussione in sede di organizzazioni internazionali.
Rustam Azizi, vicedirettore del Centro di islamistica presso la presidenza del Tagikistan, ha rilasciato un’intervista a Sputnik in cui conferma che nel Paese è stato allestito un campo profughi. Oggi tutti i nuovi arrivati si concentrano essenzialmente nella regione di Chatlon (vicina all’Afghanistan).
«Ma si tratta di una dislocazione temporanea. I Paesi della regione sono in grado di accogliere alcune decine di migliaia di profughi, ma a condizione che arrivino degli aiuti dall’esterno», ritiene l’esperto.
L’Uzbekistan ha fornito protezione al maresciallo afghano di origini uzbeke Dustum, ma poi ha espulso circa 150 migranti. Da Tashkent la dichiarazione: i soggetti coinvolti in organizzazioni terroristiche non possono entrare nella regione centroasiatica mediante i ponte aerei dall’Afghanistan.
Ashgabat invece non si è ancora espressa in merito al desiderio di ospitare cittadini afghani.

Salvarsi dalle ripercussioni

I Paesi occidentali si dicono pronti ad accogliere coloro i quali collaboravano con le truppe dell’occupazione, ma è rimasto poco tempo: solo fino al 31 agosto.
L’aviazione americana sta lavorando effettivamente per garantire i ponti aerei. Ma per ora sono state evacuate soltanto alcune decine di persone.
Il presidente Joe Biden ha disposto lo stanziamento di mezzo miliardo di dollari di aiuti. E si è accordato con le autorità albanesi e kosovare circa la temporanea sistemazione dei migranti politici afghani diretti negli Usa. Non è noto il numero esatto dei migranti che potrebbero arrivare nei Balcani e quanto tempo vi rimarranno.
Gli altri Paesi europei, invece, non sono così propensi ad aprire le loro porte. Tutti temono una seconda crisi migratoria come quelle del 2015-2016 quando affluirono in Europa moltissimi siriani. Ad esempio, la Grecia sta rinvigorendo la sicurezza delle frontiere. Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha chiesto a Bruxelles di supportare le nazioni vicine all’Afghanistan in modo che i profughi evitino di entrare in Europa. «Non possiamo permettere che milioni di persone arrivino in Ue e soprattutto non attraverso la Grecia», ha sottolineato.
L’Estonia, indignata per la violazione dei valori democratici alla luce degli eventi in Afghanistan, è pronta a «dare il proprio contributo» fornendo un riparto a 10 profughi. La Slovenia, invece, ha posto per 5 cittadini afghani. «Non ci assumeremo altri oneri», ha preannunciato il ministro degli Esteri Anzhe Logar. Ancor più dure le dichiarazioni del primo ministro sloveno Janez Jansha: né Bruxelles né Lubiana sono tenute ad aiutare e a pagare per coloro i quali«“lasciano il proprio Paese invece di difenderlo».
La cancelliera tedesca Angela Merkel è più cauta: propone inizialmente che i profughi vengano ospitati nelle repubbliche confinanti con l’Afghanistan prima di discuterne l’eventuale invito in Europa. Stando ai dati dell’Onu, l’anno scorso la Germania ha accolto 180.000 rifugiati afghani.
Budapest ha dichiarato che non intende pagare di tasca propria i fallimenti geopolitici altrui. Nemmeno Vienna è disposta ad accogliere ospiti stranieri. L’Austria è già nota per la sua numerosa diaspora afghana: negli ultimi anni ha accolto oltre 40.000 persone. «In Austria rimane il problema dell’integrazione di questi cittadini, pertanto ci opponiamo all’ingresso di nuovi rifugiati», spiega il cancelliere Sebastian Kurz.
Vienna ritiene che Bruxelles debba rafforzare le frontiere esterne, contrastare la migrazione irregolare. Secondo Kurz, ad aiutare gli afghani dovrebbero essere i Paesi della regione e la Turchia.

Sono bastati i siriani

Ma su Ankara continua ancora oggi a gravare l’onere della precedente crisi migratoria, quella venutasi a creare in esito alla guerra in Siria. La Turchia ha ospitato 3,7 milioni di persone e stanziando cifre astronomiche. Pertanto, la proposta di accogliere ora gli afghani ha scosso Ankara.
«In nessun caso ci assumeremo gli oneri internazionali in capo a Paesi terzi né accoglieremo l’ennesima ondata migratoria», dichiara il Ministero degli Esteri turco.
I flussi migratori afghani si sono già riversati in Turchia passando per l’Iran, che non aveva chiuso le frontiere via terra. «Al momento si trovano nel Paese circa mezzo milione di profughi afghani. Il prossimo futuro è pericoloso e incerto. Dobbiamo stare all’erta», preannuncia Devlet Bahçeli, braccio destro di Erdogan.
«Il sostentamento dei migranti costerà caro. Un ulteriore afflusso di persone richiederà ingenti risorse. Inoltre, a differenza dei siriani (popolo vicino ai turchi), sarà molto difficile integrare gli afghani. Il problema migratorio influisce non soltanto sulla politica interna del Paese, ma anche su quella estera», spiega Vladimir Avatkov, docente presso l’Accademia diplomatica del Ministero degli Esteri russo.
Anche per l’Europa un tale onere umanitario è un problema. Gli sfollati ricevono lo status di profughi e non di migranti, osserva Natalya Eremina, docente di Scienze politiche presso l’Università statale di San Pietroburgo.
«Viene loro assegnato il massimo grado di sussidi a fronte di un numero minimo di oneri assunti dai profughi. Questi ultimi, infatti, non devono dimostrare né di parlare la lingua del posto né di conoscere la storia o il sistema giuridico del Paese», spiega. «Il processo di integrazione non è particolarmente efficace, la politica del multiculturalismo è completamente fallita. I sussidi assistenziali destinati ai profughi potrebbero rivelarsi un pesante fardello per i Paesi dell’Unione europea, il che contribuirebbe ad un aumento dello scontento della popolazione”.
L’Afghanistan si caratterizza per livelli record della natalità, ricorda Andrey Kortunov, direttore generale del Consiglio russo per gli Affari internazionali.
«Il Paese ha una popolazione di 37,5 milioni di persone ed entro la fine del secolo potrebbe arrivare a 100. L’export ha un valore di 500-600 milioni di dollari, mentre le importazioni valgono 5 miliardi. Gli afghani vogliono spostarsi verso i ricchi Paesi dell’Ue e, in particolare, in quelli dove sono già presenti ampie comunità afghane», spiega.
Mentre americani ed europei dibattono su chi abbia più responsabilità su quanto stia accadendo in Afghanistan, la maggior parte degli sfollati viene accolta da Pakistan e Iran. Gli altri Paesi vicini, invece, stanno cercando di capire cosa fare di queste persone.

*Organizzazione terroristica messa al bando in Russia.

(Fonte: it.sputniknews.com)

Rifugiati Rifugiati afghani a Mazar-i Sharif. © Sputnik. Jak.