Russia - Il più grande rilevatore di neutrini

Mosca, 16 ottobre 2021 - I fisici russi stanno costruendo nel lago Bajkal il più grande rilevatore subacqueo di neutrini al mondo, il Bajkal-GVD.
Questo dispositivo opererà di concerto con l’IceCube, l’enorme rilevatore dislocato nella calotta di ghiaccio antartica. Insieme formeranno un telescopio astronomico di nuova generazione per lo studio dei più incredibili corpi celesti dell’Universo: nuclei galattici attivi, quasar, blazar.
Sputnik ha intervistato per voi Grigory Domogatsky, direttore del progetto e del Dipartimento di Fisica dei neutrini presso l’Istituto di Studi nucleari dell’Accademia nazionale russa delle Scienze (Ran).

Come nacque l’idea di un rilevatore nel Baikal

Cominciai ad occuparmi di fisica dei neutrini per caso. Era l’inverno del 1964 quando mi laureai in Fisica all’Università statale di Mosca. In quel periodo l’Accademia delle Scienze dell’Urss aveva appena deliberato la fondazione dell’Osservatorio sui neutrini di Baksan e del Laboratorio di ricerca sui neutrini in seno al Fian (Istituto di Fisica P. N. Lebedev). Erano pronti ad assumere noi studenti e ci dissero che ci saremmo occupati di fisica dei neutrini. Ci pensammo un pò, facemmo qualche domanda. Io comunque sapevo già qualcosa dei neutrini. E alla fine accettai.
Lavorai guidato dal brillante fisico Moisey Aleksandrovic Markov. Bruno Pontecorvo, invece, era il presidente del Consiglio dell’Accademia delle Scienze sui neutrini e fu colui che previde il movimento di oscillazione di questa particella elementare. All’inizio degli anni ’80 Pontecorvo mi propose di diventare segretario del Consiglio e, quando poi rientrò in Italia, mi raccomandò di prendere il suo posto.
Nel 1960 Markov fu il primo a formulare l’idea per cui fosse necessario utilizzare grandi bacini idrici (oceani, laghi sotterranei) per rilevare i neutrini. Alla metà degli anni ’70 tentarono di realizzare l’idea i fisici americani Frederick Reines (futuro premio Nobel) e John Learned. I due invitarono un gruppo di scienziati sovietici guidati da Markov e cominciarono a discutere della costruzione di un rilevatore di neutrini nell’oceano. Tuttavia, dopo l’ingresso delle truppe sovietiche in Afghanistan il governo statunitense si rifiutò di finanziare queste operazioni scientifiche congiunte.
In occasione del Consiglio scientifico dell’Istituto tenutosi il primo ottobre 1980 Markov sottolineò la necessità di continuare con l’implementazione del progetto almeno in Patria.
Allora Aleksandr Evgenevic Chudakov, il brillante fisico russo, propose di creare un rilevatore nel Bajkal. Crearono un laboratorio per lavorare il progetto, nominarono me per dirigere la struttura. E da allora è cominciato tutto.
Non ascoltate chi vi dice che non si riescono a trovare fondi per un progetto. Trovare fondi è l’aspetto più facile. Chiaramente serve tempo per trovarli, ma tutto dipende dalla bontà dell’idea. E la nostra (un rilevatore subacqueo di neutrini) era evidentemente così buona che tutti ci aiutarono ben volentieri.
Ricevemmo finanziamenti dal Piano statale di finanziamenti, dal Comitato statale dell’Urss per la scienza e la tecnica e dall’Accademia delle Scienze dell’Urss. Nel 1987 il Comitato centrale del Partito comunista dell’Urss e il Consiglio dei ministri adottarono un documento, siglato da Gorbacev e da Ryzhkov, in cui si disponeva il miglioramento dell’infrastruttura tecnica necessaria per le ricerche nell’ambito della fisica delle particelle. Per gli acceleratori furono stanziati fondi per l’epoca ingenti.
Per circa 3 anni predisponemmo tutto il necessario. Poi l’Unione Sovietica cominciò a crollare e cominciarono le difficoltà. Ma non demordemmo. Collaboravamo con un gruppo di fisici dell’Istituto Desy, il maggiore centro di ricerca sulla fisica delle particelle in Germania, ossia l’analogo tedesco del Cern. Consci della nostra situazione precaria, ci aiutarono e grazie anche a loro riuscimmo a sopravvivere negli anni ’90. Ci sostenne anche Boris Saltykov, ministro della Scienza e della Tecnica in quegli anni. Dunque, non possiamo lamentarci.

Volumi impressionanti di acqua

Il primo rilevatore di neutrini fu messo a punto nel profondo di una montagna a Baksan, nel Caucaso settentrionale, sotto la guida di Chudakov. Si tratta di un enorme telescopio sotterraneo dotato di circa 3.200 fotomoltiplicatori. È attualmente il più grande al mondo. Era un ottimo strumento, ma rilevava neutrini a bassa energia che si creano nell’atmosfera terrestre nel momento in cui quest’ultima viene attraversata dai raggi cosmici. Non si riuscì però a rilevare eventuali ammassi o fonti localizzate di particelle. Si comprese, dunque, che era necessario studiare le cosiddette «alte energie» e pertanto produrre rilevatori di dimensioni significativamente maggiori.
Costruimmo allora il primo rilevatore subacqueo nel Bajkal, l’HT-200.
Riuscimmo a rilevare neutrini ad alta energia all’interno dell’acqua e questo ci venne riconosciuto in tutto il mondo. Poco dopo gli americani confermarono i nostri risultati grazie al rilevatore Amanda, dislocato sotto i ghiacci dell’Antartide.
Dopo 10 anni si comprese che nemmeno questi dispositivi, seppur più grandi di quello di Baksan, erano grandi e sufficienti: bisognava, infatti, incrementare il volume ad almeno 1 km3. Così nacque il progetto IceCube in Antartide per il quale tra il 2005 e il 2011 gli americani spesero circa 300 milioni di dollari. Ci misero molto tempo perché la fretta è cattiva consigliera. Si tratta di un rilevatore dotato di 5.000 fotomoltiplicatori.
Noi cominciammo a costruire un nuovo rilevatore nel Bajkal nel 2015, quando alle operazioni si unì attivamente anche un importante centro di ricerca, l’Istituto unito di studi nucleari di Dubna. Oggi disponiamo di 8 cluster dotati complessivamente di 2.304 fotomoltiplicatori e con un volume effettivo di 0,4 km3. L’anno scorso è stato costruito un altro cluster e grande attenzione è stata riservata alla correzione di eventuali problematiche. Se non vi saranno sorprese, quest’inverno avvieremo 2 cluster dotati di 288 moduli ottici ciascuno. Manterremo questo ritmo di sviluppo anche in futuro. Entro il 2024 raggiungeremo gli 0,7 km3 per arrivare poi fino a 1,5 km3.
I due rilevatori si completano a vicenda. Vi sono, infatti, aree che IceCubo non rileva, mentre Baikal-GVD sì. Insieme riescono a visualizzare l’intera volta celeste.
Anche gli europei stanno predisponendo un rilevatore subacqueo di neutrini, il KM3NeT, nel Mediterraneo tra la Francia e la Sicilia. Al momento in quest’area sono concentrate 12 strutture dotate di 18 moduli ottici ciascuna. Non è di certo un progetto di rapida realizzazione. Il KM3NeT diventerà parte di una rete di dispositivi per la rilevazione di neutrini.

Cosa vede il telescopio del Bajkal

La fisica dei neutrini è basata sull’assunto, formulato da Markov nel 1959, secondo cui i neutrini non si manifestano finché non interagiscono con qualcosa d’altro e non generano quindi una particella carica (ad esempio, un muone, un elettrone, un tauone, una cascata di particelle cariche come elettroni, positroni o protoni). Quando si muovono ad una velocità maggiore di quella della luce nell’acqua, si creano delle onde addizionali e una luminescenza azzurra (l’effetto Cherenkov), che è possibile registrare.
I rilevatori rilevano l’effetto Cherenkov dei neutrini in movimento. Tuttavia, dall’alto arrivano i muoni creatisi dal decadimento dei pioni i quali si creano in esito all’interazione tra i raggi cosmici e l’atmosfera terrestre. Vista la presenza di questi elementi di disturbo è difficile identificare i neutrini per noi interessanti. Per questo ricorriamo a soluzioni nelle profondità subacquee o sotterranee, in modo da eliminare il disturbo rappresentato dalle particelle che calano dall’alto.
L’acqua e il ghiaccio costituiscono due ambienti del tutto differenti. La trasparenza è determinata da 2 parametri: la distanza di dispersione (ossia quanto spazio deve percorrere la particella prima di disperdersi) e la distanza di assorbimento (ossia quanto tempo serve alla luce per essere assorbita). Il rapporto di queste due grandezze nell’acqua e nel ghiaccio è sensibilmente diverso.
Il ghiaccio estremamente trasparente dell’Antartide disperde molto la luce. Prima di riuscire a carpirla, si perdono molte informazioni circa le proprietà della sua fonte. L’acqua del Bajkal è meno trasparente e impatta molto poco sulla dispersione luminosa. Per questo motivo, IceCube e Bajkal-GVD vedono aspetti diversi.
IceCube vede più nitidamente le lunghe traiettorie dei muoni, ma di queste particelle ce ne sono poche. Nello spettro dei neutrini prevalgono le cascate di particelle che, tuttavia, perdono molte informazioni sul percorso per via della dispersione dettata dal ghiaccio.
Entrambi i rilevatori si concentrano su fenomeni con 60 teraelettronvolt o più: in questa gamma di valori i neutrini prodotti da fonti molto lontane sono di più rispetto a quelli atmosferici. Ci è andata bene perché la natura è stata disegnata a nostro favore in questo caso. Ciò è stato scoperto con IceCube.
Ora stiamo tentando di localizzare nella volta celeste i corpi che generano queste particelle. Di fatto stiamo raccogliendo dati reali provenienti da aree molto distanti dell’Universo, da blazar, da quasar e da diversi incredibili fonti di questa potentissima energia.
IceCube ha rilevato circa un centinaio di fenomeni del genere, noi circa una decina. Questi dati sono però insufficienti per trarre delle conclusioni certe. Per ora possiamo solo fare delle ipotesi. Ad esempio, lo studio di Aleksandr Plavin, Kovalev padre e figlio e Sergey Troitsky ha dimostrato che i radioblazar nel loro picco di attività emettono neutrini ad alte energie. Questo potrebbe effettivamente essere così, ma bisogna raccogliere altri dati per dimostrarlo.
Sin dal 1981 il nostro team passa l’inverno al Bajkal. Negli ultimi anni ho smesso di andare perché i miei collaboratori ce la fanno anche senza di me. Io rimango il direttore della spedizione e la gestisco a distanza.

(Fonte: it.sputniknews.com)

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